Regia di Jason Reitman vedi scheda film
Miseria tutta italiana, la strumentalizzazione dei film. Eppure Giuliano Ferrara ha ragione quando afferma che Juno è un “bel” film. Ha torto marcio quando tenta d’arruolarlo ufficiosamente nella sua campagna anti aborto. Tanto per essere chiari: Juno non è un film sulle gravidanze precoci, né tanto meno sull’aborto (o la 194, tanto per essere ancora più chiari). Umbratile commedia autunnale sulle difficoltà del diventare adulti in un mondo in cui i genitori virtualmente non esistono più, inghiottiti da un gap generazionale sempre più labile e da fughe centripete che producono overlapping di ruoli e desideri (come si fa a litigare con dei genitori che sono cresciuti ascoltando Stooges e Sex Pistols?), Juno, per come ripensa le dinamiche familiari e affettive, in questo Paese che guarda sempre oltre Tevere per approvazione, rischia davvero di sembrare pura fantascienza del quotidiano. Il film di Reitman rivela affetti e solidarietà orizzontali e non offre soluzioni o (pre)giudizi. Scritto da Diablo Cody, sceneggiatrice dal curriculum appassionante (tra cui l’Oscar proprio per questo copione), i cui dialoghi pulsano di attenzione al dettaglio linguistico e fonetico (ovviamente banalizzati dal doppiaggio italiano), Juno è una canzoncina sbilenca e intrigante. Come i Carpenters rifatti dai Sonic Youth.
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