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Noise

Regia di Henry Bean, Martin Schmidt vedi scheda film

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Marcello del Campo

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La recensione su Noise

di Marcello del Campo
8 stelle

Se Henry Bean ha girato questo film dopo lo sconvolgente The Believer del 2001 (razzismo dei naziskin) una ragione deve esserci: Noise è il grido autobiografico di un uomo affetto da ossessione per il rumore. Voglio dire che Bean ci teneva a fare un film che è una battaglia civile per un’ecologia del silenzio.

Lo capisco: per dieci anni ho abitato nel centro della mia città, un inferno di auto con i clacson in gara contro i semafori, file lunghe di autisti impazziti che si sbracciavano fuori dai finestrini, il dito medio o le dita a corna, gli occhi iniettati di sangue, spifferi e sputi di bestemmie invocanti la genealogia famigliare e quella divina – bailamme di voci e dialetti.

La notte avevo sotto il cuscino una discoteca, decibel oltre il limite consentito da orecchie inumane, risse tra i convenuti colà tanto per farsi di crack, musica a volume da fare tremare i vetri. All’alba arrivavano i camion degli operatori ecologici, i monnezzari di un tempo, corretti solo di nome dal politically correct ma sempre bercianti, paghe basse e calci contro macchine in sosta in tripla fila, accenni di estrazione di arma bianca.

Non dormivo più, chiamavo gli uomini preposti alla vigilanza del silenzio cittadino e quelli facevano finta di arrivare per mettere ordine. Macché, di arrivare arrivavano, ma tra loro e i manigoldi della discoteca era un tutto un abbracciarsi e come stai. C’è connivenza tra chi lavora di notte e chi di notte se la gode, quelli trincavano per strada il beveraggio offerto loro dalla ditta dei rumori e se la filavano. 

Che fare? Le provavo tutte, ho acquistato tappi di vario genere e consistenza, cambiavo stanze ma tutte davano sulla strada. E quel che è peggio, nessuno pareva essere disturbato, l’età media dei coinquilini era di settant’anni, quindi o erano tutti sordi o erano andati a letto all’ora dell’abbiocco, stonati dalla televisione, incapaci anche di denunciare la loro esistenza in vita.

Ho cambiato casa – non restava che questo da fare. In periferia. 

Ora io in questo Noise trovo un regista amico, mi somiglio a David Owen (Tim Robbins), l’uomo che fa “Il Rettificatore” la notte, cupamente vestito da palandrana e cappuccio nero e fa a pezzi le auto con le sirene ululanti. Le sirene delle auto e degli appartamenti, lo sanno anche i cani, non hanno senso, non funzionano, anzi attirano i ladri di appartamento (se hanno l’allarme, questi hanno ricchezze e cassaforte, pensano) e se funzionano è solo per allarmare chi dorme, svegliare il circondario.

David opera per silenziare il rumore. Lui è disposto a tutto, anche a rompere con la moglie Helen (Bridget Moynahan), a turbare la vita scolastica della sua bimbetta che pensa a che razza di padre pazzo si ritrova. Noise è come un pezzo di Millennium People di Ballard, incubo metropolitano, notti insonni, coiti interrotti da centinaia di sirene della polizia, delle autoambulanze, dei citofoni, dei cellulari. Owen tira dritto, niente lo può fermare, per tre volte il giudice di colore Gibson (Chuck Cooper) gli infligge trenta giorni di carcere. Ma Owen non è solo, comincia a fare proselitismo, dichiara guerra al sindaco della città, Schneer (William Hurt), si unisce a lui una ragazza che contesta qualsiasi danno inflitto ai cittadini dalle centrali del rumore indotto dai molteplici aggeggi della modernità e Owen non si contenta più di svellere dalle auto i congegni intona-rumori, passa ai citofoni mal funzionanti, calpesta cellulari che inquinano le orecchie dei newyorchesi, sale negli appartamenti, rischia la vita per la causa.

Il sindaco passa alle maniere forti: se c’è un oggetto da ‘silenziare, dice, questo è “Il rettificatore” e, forte dell’aiuto del suo fidato consigliore (William Baldwin) è deciso a mettere in galera il guastatore, il sabotatore che agogna al silenzio, perché non ne esca più.

Ma Owen ha dalla sua parte il popolo silenzioso, anche l’ex sindaco Giuliani fa il tifo per lui.

Owen ha perduto tutto, intanto, moglie, figlia, amici e in un ultimo guizzo di ingegno, metterà a rombo e tuono la residenza del sindaco e riuscirà a mandare in galera il giudice che lo ha condannato.

Come? Questo non rivelo: andate a vedere questo drammatico ma brioso, tragico ma ironico, fantozziano ma swiftiano film, la vostra salute mentale ne trarrà giovamento.

 

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