Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Mentre in "Radio America", ultimo film di Robert Altman, il regista di Kansas City adottava un approccio meditativo sul passato e sulla propria giovinezza, tra un senso di malinconia ed un senso di serenità, alieno quest'ultimo ad una filmografia spesso sarcastica, un altro grande maestro della "New Hollywood", Sidney Lumet, portava nelle sale americane, a pochi mesi di distanza da Altman, il suo lavoro di commiato "Before the devil knows you're dead". Era l'ottobre del 2007. Probabile che Altman fosse al corrente del proprio stato di salute ed il suo bellissimo "A prairie home companion" assunse, forse, le sembianze consapevoli di un dolce addio all'arte e alla vita che si sarebbe concretizzato pochi mesi dopo l'uscita nei teatri. Lumet, a contrario, avrebbe lasciato questo mondo solo quattro anni dopo la première di "Onora il padre e la madre" e per quanto abbia cercato sul web non ho trovato notizie sulle condizioni di salute dell'autore al momento della produzione. Di certo prese parte ad altri lavori negli anni successivi senza però impegnarsi nella direzione di un lungometraggio vero e proprio. Ad ogni modo "Before the devil knows you're dead" mi è sembrato il film di uno che non volesse certo tirare i remi in barca, troppo lucido nell'analisi amara di una famiglia allo sbando, in un paese alla deriva. In tal senso credo che ci sia stato più Lumet in "Onora il padre e la madre" che Altman in "Radio America". Ma al di là delle interpretazioni credo siano stati entrambi dei grandissimi film d'addio. Parlando, invece, di suggestioni, quelle che mettono i brividi, mi chiedo quanti abbiano notato una consistenza profetica nell'incrocio di due vite tragiche e parallele: quella del personaggio Andy Hanson e quella dell'attore destinato a interpretarlo, Philip Seymour Hoffman. Hoffman fu trovato senza vita nel suo appartamento di New York tra una selva di bustine bianche, un laccio emostatico stretto attorno all'avambraccio ed una siringa conficcata in vena. Andy, da parte sua, si infilava in un appartamento di lusso e si faceva iniettare dal pusher una dose di eroina che lo tramortiva, sfatto, scomposto e seminudo, nel letto del suo spacciatore, in una imbarazzante situazione di deriva fisica e morale che suscitava in Lumet allusioni omoerotiche e ambigue speculazioni caratteriali. Hoffman, non era ancora freddo, che già si vociferava di relazioni proibite, presunti sensi di colpa, di un talento incapace di arginare il male di vivere che lo aveva portato lontano dalla famiglia e dalla felicità per abbracciare la tossicodipendenza. Hoffman morì nel 2014 a causa della droga mentre Andy Hanson prendeva una strada senza ritorno che, seguendo una striscia di polvere impalpabile, palliativo di una vita in piena rovina, lo spingeva, inesorabilmente, verso il proprio omicidio/suicidio. Andy ammazzava un eroinomane corpulento, un grassone schifoso in mutande, che gli assomigliava nel corpo e gli ricordava la propria immorale condotta. E premeva il grilletto contro la checca che gli dava la roba e gli spiattellava in faccia la propria dipendenza mentale, fisica e forse sessuale. Benché avesse raggiunto una certa agiatezza nella vita, prima che la crisi dei mutui subprime mettesse fine alle speculazioni immobiliari, Andy aveva perso danaro, moglie e dignità in un vortice di aghi e apatia. Andy come Philip. La fragilità del suo carattere era assordante quanto un colpo di pistola ridotto al silenzio da un cuscino di piuma. La sua fragilità era in parte dovuta al padre Charles (Albert Finney) che gli aveva sempre preferito quel debosciato del fratello Hank (Ethan Hawke), un fedifrago, un fallito, un uomo sempre al verde e con poco cervello.
Lumet ha rappresentato lo sfacelo della famiglia: padri assenti e poco amorevoli, mogli di porcellana, figli ingrati. Proprio quest'ultimi, però, hanno avuto la peggio, segno che le nuove generazioni, secondo Lumet, si sono fatte stritolare da una morale edonistica ed egoistica che calpesta ogni valore tradizionale, come la famiglia, in nome del dio danaro. Lumet ha lasciato un messaggio difficilmente equivocabile e per assicurarne il recepimento ha tolto, immediatamente, il velo (al racconto di un colpo finito in disgrazia) lasciando, tuttavia, al montaggio il compito di svelare, per gradi, i retroscena di una sconfitta personale, famigliare e sociale, secondo i punti di vista di ciascun protagonista. Il montaggio disordinato di Tom Swartwout ha permesso di aggiungere pezzo dopo pezzo i tasselli di un puzzle complicato di rapporti personali e aspirazioni infrante nel vuoto, mantenendo elevata una tensione sfociata in un amarissimo finale senza riconciliazione.
"Onora il padre e la madre" denunciava i nefasti effetti del capitalismo arrampante dell'America, i risvolti del tornaconto personale che non si faceva scrupolo di provocare dolore. Ma come Altman anche Lumet lasciava uno spiraglio di speranza in deposito allo scapestrato e inconcludente Hank. Utilizzando i testi biblici, qui presi a prestito dai traduttori italiani nel titolo, mi servirei piuttosto di quel famoso "Beati i poveri in spirito" pronunciato sulla montagna per sintetizzare il messaggio rinchiuso in questo roccioso lavoro di Sidney Lumet. Coloro che nonostante la povertà materialiale non si arrendono all'aridità spirituale dei valori (anche solo laici), nonostante i limiti della propria persona, sono destinati ad un maggior premio in vita (non in morte). Forse lo intuiva Hank, ribellatosi, in parte, alla degenerazione che l'aveva portato alla complicità del fratello. Hank lasciava lo sporco denaro nel luogo del delitto prima di scappare dalla propria miseria. Era troppo tardi, forse, per Andy, al quale non restava che pregare, insieme al padre furente e disperato, che il diavolo voltasse le spalle nell'ora della sua morte.
Infinity
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