Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Due fratelli in grossi guai economici progettano di rapinare la gioielleria dei genitori: ovviamente andrà tutto storto. Lumet dimostra di essere ancora in forma dirigendo questa declinazione moderna del binomio tragedia familiare + parabola sull’avidità umana (con l’aggiunta di vaghe risonanze bibliche, i due sembrano Caino e Abele): il lontano progenitore è Rapacità di Stroheim, altre versioni contemporanee sono Soldi sporchi di Raimi e Sogni e delitti di Allen. La ricetta prevede che persone normali siano tentate dalla sirena di un guadagno facile e vengano travolte: non c’è scampo per nessuno, anche chi alla fine sopravvive ha pagato un prezzo altissimo. La destrutturazione temporale, che all’inizio mi sembrava un tantino gratuita, oltre a essere un probabile omaggio a Rapina a mano armata serve a isolare i singoli personaggi, ognuno dei quali viene seguito durante un frammento di storia: ognuno è solo con sé stesso e l’abisso del proprio cuore, senza nessuna possibilità di chiedere la solidarietà altrui. L’intensa interpretazione in crescendo del vecchio Albert Finney culmina in un finale amarissimo. Un paio di difettucci: si fa fatica a credere che Philip Seymour Hoffman e Ethan Hawke siano fratelli, e Marisa Tomei è sottoutilizzata.
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