Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Una luce fredda, metallica ed opaca si posa su un panorama di ricchi interni newyorchesi. Nella vita dei quartieri alti, algida e levigata come l'acciaio, i rapporti umani, anche familiari, sono frutto di convenzioni prive di qualunque sentimento. In un contesto così anodino un progetto criminale, di qualsiasi portata, è un'idea come un'altra, è, banalmente, la via più rapida ed efficace di risolvere un problema. In questo film le emozioni non vibrano, dormono dietro un velo; se anche affiorano, sono subito trattenute ed inghiottite, producendo ulteriori depositi di gelo dentro l'anima. Quella degli Hanson è una bestialità silente e composta, vestita di seta ed affacciata ai grattacieli, che la macchina da presa coglie attimo dopo attimo, senza incrinature né scintille, come una condizione assoluta e permanente, che non lascia alcuno spiraglio al dubbio e nessun appiglio alla speranza.
Efficace la tecnica del controcampo ritardato, che ritorna su singoli frammenti del racconto per svelarne, a posteriori, i retroscena, e colmare i temporanei vuoti della sceneggiatura, fino a completare, progressivamente, il puzzle della storia.
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