Regia di François Girard vedi scheda film
Il guaio di Seta è che non è un film brutto. Anzi, è bellissimo. Nella sua plastica valenza formale e artistica è un’opera impeccabile e lussuosa. Splendidi paesaggi si presentano di fronte ai nostri occhi di occidentali del ventunesimo secolo e non possiamo che rimanere affascinati. Così la cornice tecnica (fotografia, scene e costumi), davvero ineccepibile. Quel che frega Seta è tutto il resto. A cominciare dal pompatissimo romanzetto del sopravvalutato Alessando Baricco, best seller internazionale, baciato da una fortuna più che generosa. L’atmosfera astratta e rarefatta che attraversa tutte le opere dello scrittore difficilmente possono essere trasmette con lo stesso risultato sul grande schermo. La scrittura di Baricco è una grande paraculata espressiva, le sue storie raramente riescono ad andare oltre l’allegoria del simbolismo e dell’immagine immateriale.
Non è quindi completamente convincente la pellicola tratta dal suo libro di più successo, soprattutto per la mediocrità dei dialoghi, che, pur pochi, sono assai monotoni e ficcati lì per caso. Silenzi non valorizzati, enfatizzati da un esasperato calligrafismo che si accompagna ad una invadente ridondanza. La regia di François Girard (tanto per farvi un’idea, è uno che passa dai Trentadue piccoli film su Glenn Gould a Il violino rosso) è appesantita dalle troppe pretese autoriali che non si associano con intelligenza alle ambizioni da blockbuster del film. E se poi ci si mette un Michael Pitt mai così inespressivo siamo alla frutta. Si salva Alfred Molina col nobile mestiere, mentre Keira Knightley, al massimo del fulgore, è sacrificata al ruolo di Penelope. Seta è il goffo tentativo di portare un romanzetto, di successo, ostico alla ribalta cinematografica. Il film è formalmente bellissimo. Stilisticamente piatto e noioso. Siamo dalle parti del polpettone.
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