Regia di Sarah Polley vedi scheda film
Due tracce di sci di fondo sulla neve fresca. Due solchi lievi, due linee parallele che si accompagnano, talvolta deviano, poi tornano a correre vicine. Così sono le vite di Fiona e Grant, insieme da 44 anni. Alle prime avvisaglie di Alzheimer per lei, che decide di ricoverarsi in una casa di cura, i passi si confondono, il senso di una vita insieme svanisce, si sbriciola, adattandosi a forza alle progressive combustioni della memoria. C’è solo l’impotenza di fronte alla malattia, ricordata sui titoli di coda da Helpless (Neil Young la cantava nell’Ultimo valzer, qui è K.D. Lang). Poi, nella sorda lentezza di visite fatte di variazioni impercettibili, affiora una dolceamara alternanza di ricordi di vita comune e i controsensi di un presente immemore, frastornante. Al suo esordio nel lungometraggio, tratto dal racconto Il percorso dell’amore (Einaudi) di Alice Munro, Sarah Polley rivela la stessa sobria, tagliente sensibilità che ha espresso come attrice (La vita segreta delle parole su tutti). Il suo è un film classico, che sceglie – mimeticamente, rispetto alla vecchiaia – la lentezza come status. Offrendo il sollievo delle direzioni impreviste, del legittimo diritto a un oblio che non sminuisce la grandezza di un amore.
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