Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Nel 1938 un anziano professore di lingue antiche di Bucarest (Roth) viene colpito da un fulmine. Per lui sembra non esserci speranza e invece lo studioso ringiovanisce, diventa un caso di interesse scientifico in Svizzera, entra nelle mire del programma di eugenetica del nazismo e si ritrova a condividere la sua condizione con la ragazza che amò quando era giovane.
Coppola torna al cinema dopo dieci anni e non avrebbe fatto male ad astenersene. Il film, tratto da un delirante romanzo di Mircea Eliade (il grande filosofo e linguista rumeno), non manca di infiorettature autoriali, soprattutto nelle inquadrature e nel montaggio, ma rimane freddo, barocco, ambiziosissimo, carico di simbolismi e astrazioni che culminano nella lunga parentesi indiana. C'è molto Eliade e poco Coppola, in un'opera filosofica dal respiro faustiano complessivamente velleitaria, che risente della senilità dei due autori e che ha la pretesa di arroccarsi su un improbabile parallelismo tra lingua e corpo, nell'inane tentativo di andare all'essenza di entrambi.
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