Regia di Henry King vedi scheda film
Uno dei primi film sul mitico bandito americano è anche la sua trasposizione migliore nonostante siano tante quelle prodotte tra il '27 e il 2006, tra cui quella di Nicholas Ray e quella con Keith Richards. La pellicola di Henry King ha forse la forza dell'originale, complice un'epoca che vedeva nel western non solo la cronaca della propria storia americana, ma anche un olimpo di dei, esemplari come maledetti, ma comunque affascinanti e fondativi di un immaginario che ancora oggi è bello e giovane e mitico come sempre. Un film quindi dal registro elegiaco, che si dondola tra il romantico e il razionale, tra Jesse e il fratello Frank, tra il banditismo e la famiglia, tra distruzione dell'ordine e l'ordine stesso.
Niente da dire. E'pefetto. La regia non sbaglia un tempo, e ne trova uno per l'azione, uno per l'amore, uno per il conflitto, uno per i passaggi intimi, e uno per la morte. Scene rimaste memorabili e storiche come gli spolverini bianchi e l'entrata a cavallo nel negozio rompendo i vetri (tanto da essere riprese in uno dei più recenti film su Jesse James, "I Cavalieri dalle Lunghe Ombre"), insieme a volti giganteschi, come Fonda su tutti, Randolph Scott e il bel Tyron Power, per non parlare di quel monumento fisico che è John Carradine. Un film che ne vale dieci, e forse più.
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