Regia di Tom Shadyac vedi scheda film
“Un’impresa da Dio” è un ibrido sequel del fortunato “Una settimana da Dio”. L’aggettivo nasce dalla perplessità dovuta al fatto che a parte un’assonanza nel titolo, e la presenza del bravissimo Morgan Freeman nel ruolo di un eburneo e canuto Creatore, non si riescono a trovare punti di raccordo tra questo enigmatico film con Steve Carrell e la divertente commedia con Jim Carrey e Jennifer Aniston.
Ciò che più sorprende in “Un’impresa da Dio” è il drastico cambio di registro che avviene tra quello che una volta avremmo definito primo e secondo tempo; cambiamento che coincide con la caratterizzazione del protagonista. Nella parte iniziale, il parlamentare Baxter è alle prese con la sua nuova vita da senatore, con le conseguenze che questo cambiamento comporta sul suo tenore di vita. Si denota palesemente come Baxter, un tipo preciso e morigeratamente rampante, stia perdendo la trebisonda rispetto ai valori di un tempo, tralasciando i doveri familiari. A seguito della venuta di Dio, che gli intima di costruire una grande arca entro il 22 settembre, e nonostante le iniziali perplessità del protagonista, quest’ultimo è costretto a sottostare al volere divino, entrando progressivamente nel ruolo di un novello Noè, dal fare consapevole e responsabile. In questo cambiamento (da imbranato politico di primo pelo a solenne e silente patriarca) avviene il cambiamento anche del film, che da divertente diventa una commediola con velleità moralistiche, fino a sfiorare lo status di film-denuncia contro un certo tipo di politica.
Il repentino cambio di registro, le premesse non propriamente rispettate ed una seconda parte che di battute brillanti ne ha 1 o forse 2, lasciano una buona dose di amaro in bocca, che nemmeno i divertenti titoli di coda (backstage ritmato su una canzoncina orecchiabile famosissima, intervallata da graziosi animali ammaestrati che danzano) riescono ad addolcire.
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