Regia di Frank Oz vedi scheda film
Al funerale di un uomo i parenti danno il peggio di loro stessi, includendo un invitato in acido che semina continuamente il panico e un nano mai visto prima che prende a ricattare gli eredi con foto compromettenti del defunto.
Immaginate una specie di kammerspiel ambientato in un salone (e di tanto in tanto anche nel giardino, da cui quella ‘specie’) nel quale si tiene l’orazione funebre per un uomo amato e rispettato da tutti; immaginate quindi che ora debbano accadere una serie di imprevisti e che si generino man mano situazioni sempre più bizzarre e divertenti: ecco, abbiamo il punto di partenza di Funeral party. Se a questo punto sfrutterete le prime idee che vi verranno in mente e le disporrete in scena nella maniera più prevedibile possibile, avremo anche il punto di arrivo. Non basta la regia di Frank Oz (La piccola bottega degli orrori, In & out) e neppure un cast nel quale i nomi e i volti notevoli si sprecano (Matthew MacFadyen, Peter Vaughan, Rupert Graves, Jane Asher, il già noto – ma ancora ben lontano dai fasti del Trono di spade, che comincerà nel 2011 – Peter Dinklage, Ewen Bremner alias Spud di Trainspotting); nulla riesce a salvare un prodottino così misero dal punto di vista delle idee e sostanzialmente piatto nella messa in scena, priva di ritmo – i momenti soporiferi si sprecano, specie nella prima metà – e di tensione. Tale è stato il successo, a ogni modo, di questo film da generare un quasi-instant remake, peraltro con il medesimo titolo originale (Death at a funeral) che è un eccezionale spoiler della trama, per la regia di Neil LaBute nel 2010; da noi si intitolerà Il funerale è servito e, in un cast rivoluzionato a partire dalla presenza di Chris Rock, non potrà comunque mancare Dinklage. Funeral party non dura nemmeno tanto: un’ora e mezza, ma sembra davvero il doppio. 3/10.
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