Regia di Christopher Smith vedi scheda film
La prova deludente di “Creep - Il Chirurgo”, scontato, cerebroleso e irritante, deve essere servita al regista per capire dove aveva sbagliato. Puntando così su un pastiche dove commedia, a volte pure demenziale, e horror puro s’incontrano senza pestarsi i piedi a vicenda, Christopher Smith riesce là dove il chirurgo perdeva. Il gruppo di una ditta di fabbricanti di armi, ovvero di morte, di smembramenti, di sangue a fiumi e così via, deve fare “squadra” seguendo la più becera e banale metodologia della new-economy dove tutto è regolamentato, moralizzato, dove c’è il brunch e il punch; dove si parla di target e di brand; di net-slaves, bobos e free-agent. Un’economia basata sulla massimilizzazione dei profitti, sull’obiettivo di quantità e non di qualità, sulla continua divisione tra lusso e modesto, sull’opportunità e non sull’efficienza. Nascono da qui, da questi berlusconismi, i mostri della nostra contemporaneità, che di moderno purtroppo han ben poco (dove sono Michael Myers e Freddy Kruger?). Da qui nascono i giovani assassini che poi diventano famosi e vengono pagati per partecipare a feste, promozioni, label e altre puttanate. Da qui nasce la distorsione che anche una fabbrica di armi, quindi di morte, può essere giusta, necessaria, moralmente inattaccabile. Questa mostruosità è ben descritta da Christopher Smith più nei segmenti comici che in quelli orrorifici. Nei primi prevale l’assurdo e la dissonanza tra domanda e risposta della narrazione; nei secondi c’è tanto sangue, tanta crudeltà, tanta violenza primitiva che fanno da specchio deforme ai primi. Fotografia azzeccata, e interpreti all’altezza: il personaggio di Steve, interpretato da Danny Dyer, è stupendo, fatto e fattissimo, infatti è lui uno dei quattro a sopravvivere al massacro. Un cannaiolo, due puttane e una ragazzina acqua e sapone. Par condicio? No, verità. Si salvano i puri. Non di certo quelli che fabbricano armi e pretendono di essere unti dal Signore. Cerebrolesi, figli di puttana.
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