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La ragazza del lago

Regia di Andrea Molaioli vedi scheda film

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Dying Theatre

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La recensione su La ragazza del lago

di Dying Theatre
4 stelle

L'esordiente Molaioli deturpa come Meglio non si potrebbe una sceneggiatura di per sè ricchissima di suggestioni. Questa favola asfissiante e palustre di bambini Mai Voluti, o Voluti Troppo, agitata da fantasmi innocenti, o da essi cullata, umidissima e asciutta, finisce per morire annegata dalla maestria-d'-accademia del prototipo del regista/studente/modello che è, evidentemente, Molaioli. E' un fenomeno triste, e strisciante, questo dell'invasione degli ultra-corp(orativ)i, il villaggio dei Dams-nati. Gente che sarà indaffaratissima, che raccimolerà premi ai festival (non più) d'Arte, che - bestemmia se ce n'è una - "metterà d'accordo critica e pubblico" (!) Ma che, a conti tutti da fare, non diverrà mai Autore. "La ragazza del lago" è esempio di 'trash' nell'accezione più propria, e severa. E' coacervo grumoso e mal 'digerito' di tanti, troppi 'topoi' e stilemi assortiti del noir poliziesco più classico. E datato. Ma il make-up alla lunga evita di reggere, si squaglia, colando impietoso lungo le architravi 'falegnameristiche' proprie della fiction più s(t)olida. Dietro la patina poco novelle e molto vague del volenteroso - neanche troppo - Molaioli, fa imbarazzante capolino la sagoma, da troppi rimpianta, dell'artigiano del b-movie col gusto del manierismo. Fernando Di Leo avrebbe fatto di meglio. Umberto Lenzi, no. Servillo, ai suoi minimi storici ed ovviamente incensato, pare più trapassato della vittima (da non leggersi come "ebbi vittimato", si badi bene), e Gifuni (ma di lui già sapevamo) glI è degno compare d'atrofia. Ciò in ossequio al tanto reclamizzato rigor-mortis-interpretativo che i Soloni della critica egemone amano tradurre con "asciutto lavorìo di sottrazione". Evviva l'Accumulo! Si salva solo Baliani. Ed il sorriso terrifico della Bonaiuto. i classici sei minuti di respiro che non bastano a salvare un film dal fiato corto dall'asfissìa.

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