Regia di Andrea Molaioli vedi scheda film
L’opera è intensa e convincente, lontanissima dagli stereotipi di derivazione televisiva che inquinano una buona fetta della produzione nostrana. Un onesto ma prezioso manufatto tutt’altro che scevro da difetti, soprattutto negli snodi finali, ma la tensione è quella giusta e tutti i caratteri sono definiti con insolita precisione introspettiva.
MI RENDO CONTO DI ESSERE IN GENERE TROPPO "LOQUACE" NELL'ESPRIMERE I MIEI PENSIERI IN LIBERTA' (ED E' ACCADUTO ANCHE PARLANDO DI QUESTO FILM). MI SONO CHIESTO UNA VOLTA TANTO COME AVREI POTUTO SINTETIZZARE IL TUTTO OVE AVESSI AVUTO LA FORTUNA DI ESERCITARE IL MESTIERE DEL CRITICO E FOSSI STATO CONDIZIONATO DAL RISPETTO DEL NUMERO DI BATTUTE.... ECCO, IL RISULTATO E' QUESTO E MI E' SEMBRATO DIVERTENTE PUBBLICARLO PER "COLPEVOLIZZARE" CONDANNANDOLA, NEL CONFRONTO IMPIETOSO, LA MIA ASTRUSA LOGORROICITA: "“La ragazza del lago” è un’opera intensa e convincente, lontanissima dagli stereotipi di derivazione televisiva che inquinano una buona fetta della produzione nostrana. Una inaspettata ma gradita sorpresa di inizio stagione, insomma. Intendiamoci, ci troviamo semplicemente di fronte ad un onesto ma prezioso manufatto tutt’altro che scevro da difetti, soprattutto negli “snodi” finali forse un po’ troppo repentini ed affrettati, ma la tensione è quella giusta e tutti i caratteri sono definiti con insolita precisione introspettiva. Il tracciato è quello dell’indagine poliziesca, ma con un’attenzione privilegiata per le atmosfere e per i personaggi, per i loro drammi personali e per le sotterranee implicazioni psicologiche, come nei romanzi di Simenon o di Dürrenmatt (che sono i riferimenti più facilmente riconoscibili), tanto che in fondo persino la soluzione, intesa come identificazione del colpevole, rimane certamente un elemento basilare (il cinema non potrebbe farne a meno) ma paradossalmente non del tutto necessario: quello che diventa prioritario, più che l’esigenza di dare un volto all’omicida, è l’individuazione delle ragioni, delle sofferte necessità che hanno portato a compiere un delitto così inspiegabile e inquietante, che sembra persino nascondere una qualche indotta complicità fra vittima e carnefice, come se si trattasse di una indecifrabile conseguenza condivisa, quasi un estremo atto d’amore. Il classico noir insomma (nel caso in esame, l’omicidio anomalo di un bella ragazza del posto – un solitario e pacifico paese di montagna - il cui corpo nudo viene ritrovato appunto vicino al lago) utilizzato come cartina di tornasole per scoprire e analizzare al microscopio i tormenti delle anime; per potare allo scoperto il groviglio inaspettato, le pulsioni ed i troppi segreti di complicati rapporti parentali e di laceranti “complessi di colpa”. L’appiglio narrativo che consente di alzare il coperchio per far vedere finalmente ciò che bolle sotto l’apparente quiete della normalità. Potremmo persino definirlo uno studio sulla famiglia e la ragnatela di rancori, traumi, incomprensioni, omissioni e morbose attenzioni che caratterizzano l’irrisolto rapporto generazionale fra “padri e figli” (e il delitto, la vittima, l’assassino, i possibili sospettati e persino colui che conduce l’indagine, fanno parte di questo mosaico disperato e inquieto). Ottimi tutti gli interpreti con una menzione speciale per il commissario Sanzio di Tony Servillo. Curatissima l’ambientazione, con le sue montagne, le sue radure, i boschi lividi e minacciosi, le increspature impercettibili della superficie di quel laghetto a sua volta “ferito” da un evento inaspettato che ne avvelena la placida compattezza rendendolo inaffidabile e insicuro come l’animo umano.
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