Regia di Andrea Molaioli vedi scheda film
Costruito su un impianto di genere che affonda le sue radici nella tradizione del noir europeo con venature esistenziali ”La ragazza del lago” è il film delle promesse mancate per la sua incapacità di realizzare le nobili premesse. Le colpe di questo fallimento, l’ennesimo di una cinematografia senza memoria e fortemente condizionata da un apparato distributivo e mediatico che spinge verso il basso, non riguardano solo lo stile improntato a modelli televisivi e perciò a disagio con i toni chiaro scuri e le mezze verità che caratterizzano l’apparente normalità della comunità sconvolta dall’orribile delitto, ma sono da individuare nella ricerca di un autorialità a tutti i costi che vampirizza il film con una filosofia dell’ovvio ed una serie di nulla di fatto che dilatano all’infinito i tempi del racconto. Il film si appiattisce sulla figura del commissario con il cervello fino e l’animo travagliato che trasforma l’indagine in una terapia di gruppo che vorrebbe avere le atmosfere di certo cinema bergmaniano ed invece rimane schiacciata da un determinismo forzato e senza logica soprattutto nell’epilogo finale in cui tutto si risolve in maniera semplicista e fasulla. Nella parte del protagonista fa cilecca Servillo che ripropone stancamente e con una recitazione al limite del manierismo laconicità e cadenze di quel Titta di Girolamo che lo aveva consacrato. Il resto del cast lo segue a ruota con una serie di interpretazioni senza sostanza che nulla aggiungono ad un opera che vive sull’anonimato di una regia inesistente.
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