Regia di David Silverman vedi scheda film
Approdano sul grande schermo i Simpson e non deludono. Dopo una miriade di episodi, distribuiti in quasi un ventennio di programmazione, il rischio flop era elevato. Ma, ormai si sa, Matt Greoning è un genio e riesce a costruire una trama che scorre via fluida, che non è un episodio lungo ma un vero e proprio film, con tutti i canoni del lungometraggio. E fa riflettere più che mai sulla situazione dell’America contemporanea, sulle sue paure e sui suoi vizi, e vale molto di più di indagini sociologiche. Prendiamo il nucleo di questa gialla famiglia di Springfield: c’è un padre, Homer, rozzo, maschilista, tele/birra dipendente; c’è una madre, Marge, vera colonna della casa, colei che riesce a tenere tutti insieme, il collante tra ogni parente; c’è un figlio, Bart, teppista bisognoso di affetto e comprensione; c’è sua sorella, Lisa, intellettuale incompresa dal resto della famiglia che suona il sax e si preoccupa per l’ambiente; e c’è l’ultimogenita, la piccola Maggie, che riesce con il solo succhiare del ciuccio ad esprimere una dichiarazione oggettiva.
Questi cinque personaggi non sono altro che la dimostrazione di un’America plurale e quasi allo sbando, una famiglia media solo per diffusione. Specialmente Homer, che con il suo gesto menefreghista ed idiota causa una disgrazia naturale, scaricando gli escrementi del suo porco nell’inquinatissimo lago cittadino (strepitosa la scena iniziale dell’affondamento della rock-band, con la citazione di Titanic), “obbligando” il presidente Schwarzenegger (che rimpiange la sua precedente carriera con Danny De Vito) a farli rinchiudere in una cupola destinata alla distruzione. Ma la storia è più complessa di ciò che sembra, è un’acida e scorretta commedia americana che evidenzia, una volta per tutte, la genialità de I Simpson. Una serie che ha rivoluzionato la televisione mondiale con le sue vicende paradossalmente realistiche, con il suo tono sarcastico e profondo, con la sua lucida, cinica, ilare intelligenza.
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