Regia di Mennan Yapo vedi scheda film
Svegliarsi una mattina, scendere a fare colazione, sentire suonare il campanello e accogliere un poliziotto che dice: «Suo marito è morto». Svegliarsi il giorno dopo, scendere a fare colazione e vedere il presunto cadavere intento a bersi la sua bella tazza di caffè. Ho sognato, pensa tra sé e sé la bella e muscolosa Sandra Bullock. Magari uno di quegli scherzi dell'inconscio, che a volte proiettano un po' troppo in avanti banali frustrazioni matrimoniali. Il problema, tuttavia, potrebbe nascere se la mattina seguente ti svegli, scendi a fare colazione e nel salone d'ingresso scorgi il parentado in lutto, pronto a consolarti, a chiederti: «Serve qualcosa?». Il thriller, in sostanza, viaggia nei meandri della mente, in una zona oscura dove si fatica a decifrare il vero e il falso, ciò che vediamo e ciò che ci sembra di vedere. Una materia che nutre il 50% dei serial americani, quelli che in Italia mandano in onda in seconda serata per non turbare i bambini. Che però, allungato in un lungometraggio per il grande schermo, regge nonostante lo spesso déjà vu. Grazie a una regia funzionale, a una Sandra Bullock che ci crede e a un'atmosfera sospesa che, zitta zitta, ti provoca qualche nuovo piccolo incubo. Tipo: domattina, quando entrerò in cucina a mettere su la moka, incontrerò mica la nonna scomparsa nell'ormai lontano 1982?
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