Regia di Todd Haynes vedi scheda film
Affascinante ma criptico. Todd Haynes rende un sentito omaggio al mito di Bob Dylan con un film che è tutto fuorché una biografia tradizionale. Il cantautore americano viene praticamente scomposto in sei personaggi diversi, ognuno dei quali ci mostra un pezzetto diverso della sua esperienza umana ed artistica, con percorsi che scorrono in parallelo, accompagnati da molte canzoni del repertorio dilaniano, anche se alcune delle più famose come Blowin’ in the wind e Knockin’ on heaven’s door non sono incluse nella soundtrack. Il film è un collage ardito, formalmente assai vitale e coraggioso, ma per chi, come me, conosce poco della vita e dell’opera dylaniana molti nessi finiscono per restare oscuri, molte allusioni e citazioni si perdono nella mancanza di comprensione. La parte di Richard Gere/Billy the kid, ad esempio, ammetto di non averla proprio capita... Qual è il suo collegamento col resto del film, dove almeno la personalità del Menestrello è (quasi) sempre riconoscibile? Fra le varie incarnazioni, quella di Cate Blanchett mi è sembrata la migliore, grazie anche al talento dell’attrice nell’aderire a un personaggio di cui sa restituire contraddizioni, eloquio forbito e perfino la fisicità, poiché forse è quella che gli somiglia più di tutti, nonostante il cambio di sesso. Fra gli altri, interessante il ritratto di Christian Bale, nonostante il poco spazio a disposizione, mentre Heath Ledger resta un po’ sfuggente e Ben Whishaw è poco più di una comparsa; fra i caratteristi la migliore è senza dubbio la francese Charlotte Gainsbourg, presenza vivida ed emozionante, mentre la musa Julianne Moore appare in qualche intervista in un personaggio che dovrebbe essere il corrispettivo di Joan Baez. Ma, stringendo il discorso, il film è un’opera audiovisiva dove Haynes si preoccupa soprattutto di creare emozioni e spesso ci riesce, a scapito di una chiarezza che avrebbe potuto attrarre un pubblico più consistente e meno selezionato. Il gioco delle citazioni visive e sonore è molto fitto (in una scena si ascolta anche la musica felliniana di Nino Rota) e Haynes a tratti sembra voler dimostrare un po’ troppo di essere il primo della classe, ma mi sento comunque di premiare con quattro stelle (il voto ideale sarebbe un 7 e mezzo) un film che si prende dei rischi e che ha il coraggio di tentare qualcosa di diverso. Bob Dylan in persona ha apprezzato il lavoro di Haynes, come ha dichiarato in un’intervista.
Voto 8/10
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