Regia di Todd Haynes vedi scheda film
Film da vedere in compagnia di qualcuno che conosca a fondo Bob Dylan, le sue canzoni e la sua vita. Nientemeno! Il consiglio di Gervasini nel chiudere la sua critica è senza dubbio valido, il film è effettivamente complicato, fermo restando che l’operazione realizzata da Haynes, oltre ad essere coraggiosa e originale, regala a noi dylaniani un autentico capolavoro, da vedere, rivedere e rivedere ancora. Ad interpretare la figura del genio di Duluth sono stati chiamati sei attori, che fisicamente non gli somigliano affatto. Scelta azzeccata: in quasi 50 anni di carriera, Dylan ha continuamente cambiato aspetto, voce, musica, testi. E’ stato amato e odiato da generazioni diverse per motivi altrettanto diversi. Resta l’artista più sconosciuto che io ricordi. In realtà, nessuno sa esattamente chi sia, dove viva, cosa abbia in mente, cosa abbia voluto dire con la sua interminabile opera. Ben vengano allora un bambino di colore per incarnarne l’infanzia, una rock star quale è stato, una donna “dark” e “nouvelle vague”, un vecchio in stile western, ecc. ecc. Per apprezzare questo film, rigore cronologico, nomi e luoghi, logica narrativa vanno messi da parte. Possono semmai essere recuperati grazie allo splendido “No direction home” di Martin Scorsese, che consiglio di guardare con attenzione prima di vedere “I’m not there” .
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta