Regia di Todd Haynes vedi scheda film
Premiato ex equo con il premio speciale della giuria all'ultimo festival di Venezia I'm not there e' il tipico prodotto destinato a compiacere gli addetti ai lavori per quelle caratteristiche di incomprensibilita' ed arroganza che fanno tendenza negli ambienti dove la cultura e' diventata strumento di potere. Solo cosi' si possono spiegare le lodi sperticate nei confronti di un film che fa del titolo una dichiarazione di intenti e non riesce neanche per un momento ad andare oltre il mito e parlarci dell'uomo che si cela dietro la leggenda di Bob Dylan. Il paradosso diventa' piu evidente quando nel tentativo di circoscrivere l'argomento il regista con uno stile involuto e criptico imbratta la tela alternando frammenti di vita reale con personaggi e suggestioni ispirate dall’opera omnia del musicista il cui unico risultato è quello di allontanare e confondere quelle risposte che invece dovrebbero essere i tema centrale dell’indagine . Il tentativo di sfuggire a facili categorizzazioni e l’ossessione dell’artista di preservare la propria utopia dalla normalizzazione operata dal sistema da una vita ad una serie di sentenze che suonano come una campana a morto per l’intelligenza dello spettatore e specialmente nella caratterizzazione irrisolta e neutra di Kate Blanchett risultano noiosamente ripetitive ed al limite della sopportazione fisica. Il camaleontismo psicologico del protagonista rappresentato dallo stuolo di star pronte a sacrificare il portafoglio ma non la vanita’ soddisfa le esigenze del cartellone ma lascia l’impressione di una celebrazione alla carriera piuttosto che la ricostruzione di una personalita’ spigolosa e sfuggente. E di fronte ad un simile resoconto alla fine è lecito chiedersi se fu vera gloria od invece ci troviamo di fronte ad uno delle piu grandi mistificazioni della recente storia musicale: a giudicare dal film ogni dubbio è lecito.
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