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Io non sono qui

Regia di Todd Haynes vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Io non sono qui

di FABIO1971
8 stelle

"http://www.youtube.com/watch?v=vt3pMzPjauc".
[Jim James & Calexico - Goin' to Acapulco - sequenza del funerale]

"Sette semplici regole per vivere alla macchia:
1. Mai fidarsi di uno sbirro con l'impermeabile.
2. Attenzione all'entusiasmo e all'amore: sono temporanei e facili a fluttuare.
3. Quando ti chiedono se ti importa dei problemi del mondo, guarda profondamente negli occhi chi te lo chiede: non te lo chiederà di nuovo.
4. Mai dare il tuo vero nome.
5. Se ti viene detto di guardare te stesso, non guardare mai.
6. Mai fare o dire qualcosa che la persona che sta davanti a te non può capire.
7. Mai creare niente: verrà male interpretato. Ti incatenerà e ti seguirà per il resto della vita. Non cambierà mai"
.
[Ben Whishaw]


Bob Dylan e sei delle sue "molte vite": il poeta Arthur (Ben Whishaw), il profeta Jack (Christian Bale), il fuorilegge Billy (Richard Gere), l'imbroglione Woody (Marcus Carl Franklin), la star di elettricità Robbie (Heath Ledger). E il cantante Jude (Cate Blanchett), morto: "Giace lì. Che la sua anima riposi in pace insieme alla sua scortesia. Ora un pubblico ingordo può dividersi i resti della sua malattia e i suoi numeri di telefono. Giace lì. Poeta, profeta, fuorilegge, imbroglione, star di elettricità, inchiodato da un guardone che presto avrebbe scoperto che anche il fantasma era più di una persona".

Sulla custodia della chitarra di Woody (Marcus Carl Franklin) campeggia la scritta "This machine kills fascists": "La verità è che mi si è scombussolata la mente quando ero molto piccolo: per me è stata Arvella Gray, la cantante di protesta cieca di Chicago, la prima che mi ha insegnato il blues, quattro, quasi cinque anni fa. È stato allora che ho cominciato a scrivere canzoni per conto mio. Ho scritto canzoni country: conoscete Carl Perkins di Nashville? Lui canta qualche mia canzone: parlo di roba tipo blues parlati, le canzoni di protesta del sindacato. Ho anche suonato il piano con Bobby Vee: diventavo miliardario, se rimanevo con lui". Negli Stati Uniti dei vagabondi on the road (e sui vagoni merci dei treni) del 1959 è già in fuga dal passato, ma "il piccolo menestrello" ha soltanto bisogno di accorgersi del presente e di cantare il suo tempo: poi, il mondo sarà ai suoi piedi.

[e intanto, in colonna sonora, dopo che la splendida Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again ha accompagnato i titoli di testa, si assiste alla scatenata esibizione di Richie Havens, con Marcus Carl Franklin alla voce e l'accompagnamento di Tyrone Benskin, per l'indiavolata Tombstone Blues]

New York, quindi, al Greenwich Village ("Una volta il posto 'in' per il beatnik jazz e il bebop, oggi la patria degli appassionati della musica folk, un'espressione musicale 'fai da te' che ha attratto i giovanissimi da ogni parte della nazione. Per loro queste canzoni fatte in casa della classe operaia esprimono una verità e un candore gravemente carenti nella crescente società dei consumi di oggi"), dove arriva il nuovo idolo Jack Rollins (Christian Bale): "Tra i molti nuovi artisti di talento che emergono, spicca un unico nome come cuore e anima di questa crescente tendenza musicale, un giovane individuo che scrive e canta alcune delle migliori canzoni della sua epoca, osannato dal New York Times come 'il menestrello della coscienza' della musica folk". Interviste e cinegiornali (falsi)dell'epoca mostrano i suoi successi agli inizi dei Sixties e, molto tempo dopo, nel primo faccia a faccia con l'artista in vent'anni, raccolgono le confidenze dei cantanti e dei discografici a lui più vicini (tra cui la folksinger Alice Fabian-Joan Baez, interpretata da Julianne Moore) per comprendere le motivazioni dietro il suo improvviso cambio di rotta ("Non si cambia il mondo con una canzone") e la conversione al cattolicesimo all'apice della fama.

Era, infatti, talmente celebre che Hollywood affidò il compito di impersonarlo sul grande schermo ("Come eroe tormentato che flagella la propria coscienza nel dramma del 1965 'Grain of Sand' ") a una giovane star in rampa di lancio, il "ribelle" Robbie Clark (Heath Ledger), la cui altrettanto turbolenta vita privata e la sua storia d'amore con la pittrice francese Claire (Charlotte Gainsbourg) nascono e bruciano in quello stesso periodo, gli anni della morte di Kennedy, della contestazione studentesca, della presidenza di Johnson e della guerra in Vietnam, anni scanditi ed esaltati dalla (e nella) musica di Jack Rollins: e, sulle magiche note di I Want You, a New York, il 7 agosto 1964, "il Congresso dà al presidente Johnson pieni poteri sulla guerra in Vietnam, mentre lei studia pittura e lui finisce di doppiarsi nel suo primo film importante: lei gli dice che è sicura che sarà un successo. E i gatti sul tetto, pazzi d'amore, gridano nelle grondaie. E sono io a essere pronto: pronto ad ascoltare. Mai stanco, mai triste, mai colpevole". Grain of Sand si rivela il film underground del 1965 e Robbie Clark "il nuovo James Dean, Marlon Brando e Jack Kerouac fusi in una persona sola".

Qualcosa, però, nella carriera di Jack (ma anche in quella dell'attore Robbie), si incrina e la ricerca di "una visione del mondo appartenente a una generazione" si scontra con le leggi dello show business: ma The Times They Are A-Changin' e allora è il momento di una scossa, solo il tempo del commosso tributo al capezzale delle proprie radici (Woody Guthrie) e poi sarà l'elettricità della provocazione, sonora e politica.

La "nuova" incarnazione del verbo dylaniano ha il nome di Jude Quinn (e il volto di Cate Blanchett), la canzone della svolta il titolo di Maggie's Farm: "Woody Guthrie era morto, Little Richard stava diventando un predicatore, perciò, che tu fossi un cantante folk o un cristiano, il rock and roll era il diavolo. Io ero in una fossa, su una rupe, non al passo, pronto a mollare. Ho scritto il tipo di cose che scrivi quando non hai dove vivere e sei avvolto nella pompa antincendio. Mi ero quasi ucciso per la pietà e la disperazione. E poi l'ho scritta: era come nuotare nella lava, saltellando, scalciando, beccando un chiodo con il piede, vedendo la tua vittima penzolare da un albero". Arrivano i giorni dei dischi d'oro e delle incomprensioni critiche, dei fischi di disapprovazione dei puristi del folk e delle accuse di tradimento, di una tournee in Inghilterra, di conferenze stampa deprimenti, di party e incontri mondani, tra fan scatenati, la regina dell'underground Coco Rivington (Michelle Williams), i Beatles, Allen Ginsberg, Brian Jones ("di quella cover band che spacca"). E Keenan Jones (Bruce Greenwood), critico della rivista Culture Beat, che si materializza nel testo di una canzone: sì, perchè quelli sono anche i giorni di nuovi capolavori, come la meravigliosa Ballad of a Thin Man (proposta nell'interpretazione struggente di Stephen Malkmus & The Million Dollar Bashers). E sono i giorni in cui la consapevolezza di essere parte di un ingranaggio si traduce nuovamente nel desiderio di fuggire.

"Io accetto il caos. Non sono sicuro se lui accetta me".

Via, dunque. E molto lontano: "Non ci parlavamo da un bel po'. Credo che avesse una storia con qualcuna, per la verità. Un giorno mi disse una cosa al telefono riguardo ad angeli che penzolavano dai palazzi: spaventoso, credevo che avesse le allucinazioni. Poi non seppi più nulla. Era come quello che la gente dice di Billy the Kid: che, in realtà, ha schivato il proiettile e si è dato alla macchia. E Jack... lui ha sempre amato Billy the Kid". Il West, quindi, frontiera della coscienza, e Billy (Richard Gere), fuorilegge sul viale del tramonto, annunciato in colonna sonora dalle note di Billy 1 (brano, splendido, tratto dallo score dylaniano composto per Pat Garrett & Billy the Kid di Sam Peckinpah, e qui interpretato dai Calexico): "I giornali dissero che Pat Garrett mi aveva rintracciato, mi aveva steso: i fuorilegge muoiono sempre. Solo un fesso crede a quello che legge sui giornali. Qui sono invisibile. Anche a me stesso. E qui, lungo la strada che nessuno percorre, dove non si creano preoccupazioni, dove lo spettacolo deve continuare, è dove morirò". Arriva nella polverosa cittadina di Enigma (Riddle in originale) durante i festeggiamenti di Halloween, ma è accaduta una disgrazia e l'atmosfera è triste e quasi surreale: la solita, vecchia storia dei soprusi dei potenti sui deboli. Molti sono impazziti, come Charley Harper, il guardiano dello zoo, che si è sparato in faccia davanti alle tre sorelle e ai due fratelli, o come la giovane Clarice Henry, la figlia del Capitano, che si è uccisa tagliandosi la gola. Ora, però, mentre gli animali dello zoo vagano lungo le strade della cittadina, è il momento del funerale della ragazza.

[ed è, eseguita su un piccolo palcoscenico, la sequenza più commovente del film, affidata all'esibizione mozzafiato di Jim James, accompagnato da Joey Burns e John Convertino, alias i Calexico, nella cover della favolosa Goin' to Acapulco, resa ancor più struggente dall'incredibile somiglianza, nel trucco, di Jim James con Heath Ledger-Joker. E, trattandosi, di un funerale...]

Poi, la fine/svolta: della carriera di Jack Rollins/Jude Quinn, del viaggio di Billy/Woody, della storia d'amore tra Robbie e Claire. E dei sogni di un'epoca: "1968: l'America ha visto crollare il suo piano di guerra, bruciare le sue città, scoppiare la sua gioventù, cadere il suo presidente, assassinare i suoi più grandi leader. Ed eravamo lì, tutti soli con Richard Nixon".

Prima di morire, però, bisogna "salvarsi": "È difficile non andare all'inferno, ci sono tante distrazioni, tante influenze. Cominci a camminare dritto e ben presto c'è qualcuno che ti tira giù: è certo come è certo che viviamo, che siamo nati. Guarda su! Guarda su! Gabriele suona la sua tromba". E, poi, il volo ("Le sole cose veramente naturali sono i sogni, che la natura non può toccare con la decomposizione") e altre note immortali: quelle della title-track I'm Not There (che tornerà durante i titoli di coda nell'interpretazione straordinaria dei Sonic Youth): "La gente parla sempre di libertà, libertà di vivere in un certo modo, senza essere comandati a bacchetta. Naturalmente, più vivi in un certo modo e meno ti sembra libertà. Io? Beh, posso cambiare nel corso della giornata: mi sveglio e sono una persona e, quando vado a dormire, so per certo che sono un altro. La maggior parte delle volte non so chi sono. È come avere ieri, oggi e domani tutti nella stessa stanza: non si può dire quello che accadrà".

Sipario.

Io non sono qui, ennesimo gioiello nella preziosa (e meritevole di una prepotente rivalutazione critica) filmografia di Todd Haynes, scritto dallo stesso regista insieme a Oren Moverman, incorniciato in un'elettrizzante veste spettacolare (esterni in Canada, fotografia di Edward Lachman, montaggio di Jay Rabinowitz, magnifica ricostruzione scenografica e ambientale), trasforma la fisionomia classica del film-tributo, qui rivolto a uno dei giganti della storia culturale americana, in un'opera complessa e imperfetta ma poetica e coinvolgente. Come in quel piccolo capolavoro che rispondeva al nome di Velvet Goldmine, Haynes, partendo da un'idea folgorante (le identità come maschere della coscienza: sei "alias", quindi, come il nome del personaggio interpretato da Bob Dylan in Pat Garrett & Billy the Kid di Sam Peckinpah...), simula interviste e servizi giornalistici, si nutre di eccessi e commozione, immerge nel flusso del racconto anche l'illustrazione simbolica dei testi delle canzoni, inserisce immagini di repertorio, (ri)crea, taglia-cuce-incolla plasmando una materia ribollente di umori e ricomponendola magicamente in un melting pot di stili, tecniche e linguaggi, di incastri, intersezioni, fusioni, della frammentazione temporale della narrazione, di bianco e nero e colore. Il suo cinema diviene corpo filmico solo in cabina di montaggio, quando il mosaico completo si svela finalmente allo sguardo per lasciarsi comprendere. E, inaspettatamente, diviene elegia di uno sguardo appassionato e commosso.

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