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Gli amori di Astrea e Celadon

Regia di Eric Rohmer vedi scheda film

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La recensione su Gli amori di Astrea e Celadon

di FilmTv Rivista
8 stelle

Nei suoi pochi film in costume Rohmer ha fatto scelte letterarie raffinate. Dopo Kleist, Chrétien de Troyes, Lady Grace Dalrymple Baratier, attinge al barocco Honoré d'Urfé, al romanzo bucolico L'Astrée, scritto all'inizio del XVII secolo ambientato in una Gallia immaginaria del V secolo, abitata da nobili, pastori, druidi e ninfe: espone un amore contrastato. C'è inimicizia tra le due famiglie, ma gli ostacoli gravi sono interni alla coppia. In Astrea nascono da un impeto di gelosia, indotto con l'inganno da un corteggiatore respinto; in Celadon dall'accanimento a non pronunciare la parola che farebbe scattare una frase che soltanto l'amata può pronunciare. Su questa situazione - assurda, inverosimile e non priva di premeditata ironia - si basa la storia di Gli amori di Astrea e Celadon. Assurda? Ci si trova, però, il tema centrale di molto cinema rohmeriano: la fedeltà. E altre sue costanti: il ricorso hitchcockiano alla suspense; l'uso di motivi geometrici (cerchio, spirale, labirinto, triangolo); l'importanza del caso. «Nei miei film tutto è fortuito, tranne il caso» ama dire Rohmer che poi aggiunge: «Mi sono limitato a sfrondare il testo e non ho dovuto nemmeno modernizzare i dialoghi». Che sono in versi. C'è anche una novità: qui la natura non è stilizzata o poco presente come in passato. Tre anni per trovare i paesaggi giusti e incontaminati (lungo la Loira e nell'Auvergne) e durante le riprese il regista e Diane Baratier dietro la cinepresa hanno aspettato a lungo il sorgere del vento, necessario all'azione. Anche lo spettatore deve aver pazienza: per seguire il dotto discorso del Druido all'insegna del sincretismo nel mescolare dettami cristiani e mitologie pagane, residui dell'occupazione romana; per ascoltare i vivaci dibattiti teologici suscitati da un provocatore agnostico e dotato di logica razionalistica. Se avrà pazienza, lo spettatore, si godrà gli ultimi venti minuti quando, travestito da donna, Celadon può finalmente parlare all'adorata Astrea, toccarla, accarezzarla, baciarla. Imparerà così, eccitato e divertito, come al cinema si può mettere in immagini l'erotismo - o la chiamiamo sensualità? - con arte e grazia. Quello di Rohmer è anche un film divertente.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 37 del 2007

Autore: Morando Morandini

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