Regia di Eric Rohmer vedi scheda film
La pastorella Astrea, credendo che l'amante Céladon l'abbia tradita, lo respinge.
Egli, disperato, si getta in un fiume e viene trovato da una donna di nobili origini...
Benvenuti in Arcadia! Entrate nella forma mentis di questo film e tuffatevi in una tela deliziosamente rococò, un mondo remoto rispetto al nostro, in cui tutto è all'insegna dello "scherzo", del gioco d'amore, dei colori pastello, dei lamenti pastorali, delle "bizzarrie" immerse nel rassicurante e luminoso paesaggio e dei pastori filosofi.
I dialoghi sono più vicini al teatro che al cinema e l'assenza di colonna sonora (vi sono soltanto flauti e liuti suonati talvolta dai personaggi) accresce la sensazione di assistere ad una rappresentazione galante, messa in scena per la nobiltà colta del '700.
Tuttavia Rohmer introduce un elemento in più che toglie al film ogni veste di apparente fredda razionalità: i due amanti vengono ritratti non solo nel pieno del loro struggimento d'amore, bensì anche nel momento in cui provano sensazioni per loro nuove e sconvolgenti che donano a questa leggera storia una carica erotica fortissima, priva di qualsiasi gratuità o volgarità, calibrata con sapienza dal maestro Rohmer con la bellezza eterea delle immagini e la grazia quasi musicale delle movenze dei personaggi.
Un esempio di questa incredibile simbiosi potrebbe essere una scena in cui Céladon coglie l'amata Astrea addormentata in una radura, con una gamba appena scoperta, e rimane folgorato dalla perfezione del suo corpo.
La ridente natura che circonda i personaggi contribuisce in maniera essenziale ad avvolgere lo spettatore nell'atmosfera rarefatta del film ed a fargli dimenticare per i suoi 109 minuti di durata le difficoltà della vita reale.
Io credo che l'intento del vecchio Rohmer sia quello di celebrare la giovinezza e l'innocenza dell'amore a lei congeniale, con un po' di nostalgia per l'ideale dell'amore pudico e allo stesso tempo aperto al contatto fisico, come dimostra nel modo più alto la semplice spontaneità del finale.
Molto interessante è l'uso sporadico che il regista fa della voce narrante, che non ha funzione esplicativa bensì descrittiva, un "occhio interno" cantautore dei sentimenti degli amanti nel momento stesso in cui li provano.
Quanto alla struttura del film, infine, coerentemente con lo stile nel complesso, le sequenze sono divise "per quadretti" attraverso l'interposizione di pannelli che scandiscono la successione temporale delle vicende.
Per coloro tra di voi che si lamentano della ripetitività delle trame, questo film è una tappa illustre e obbligata!
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