Regia di Chris Miller, Raman Hui vedi scheda film
al terzo capitolo delle avventure di Shrek vale la pena fare il punto della situazione. l'orco verde ha rappresentato il punto di svolta nell'animazione, facendo registrare il sorpasso della Dreamworks sulla Disney (parliamo di incassi in sala: nell'home video la casa di Topolino è leader assoluta). Soprattutto, ha segnato la fine della ghettizzazione dei cartoon, adesso invitati nei festival più prestigiosi tra un Ken Loach e un Bellocchio. È stata vera gloria, perché Shrek, più di qualunque altro personaggio, si è imposto come cartone a 360 gradi: per grandi e piccini, cinefili e spettatori occasionali, teorici di lungo corso ed esegeti dell'immaginazione al potere. Shrek Terzo, però, dimostra un'altra cosa: la formula è ormai consumata. Fateci caso: quando si parla dell'orco verde la storia, la tecnologia applicata, la rappresentazione, tutto passa in secondo piano. Il discorso si concentra solo sui rimandi, gli ammiccamenti ad altri film, i sequel e i remake, le citazioni sempre più azzardate, sempre più elaborate. Shrek è il postmoderno che si morde la coda, centrifuga di tutto, l'alto (il ciclo bretone) e il basso (la Tv, i videogame, gli spot). È il contenitore che si mangia il contenuto, tanto i bambini si divertiranno comunque, perché la verve dei personaggi è nota e irresistibile, ogni gag è il ritorno di un "identico" studiato a tavolino. La sorpresa del Gatto con gli stivali, per esempio la trovata della palla di pelo con cui si ingozza, viene sottolineata anche qua, con insistenza. Solo per fare un esempio. Non è un brutto film, Shrek Terzo, lo si vedrà con piacere. Ma ha ancora senso una produzione così? Ci rendiamo conto che reiterandone la saga si impedisce al simpatico orco di diventare un classico?
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