Regia di Chris Miller, Raman Hui vedi scheda film
Terzo episodio di Shrek. Tornano Ciuchino e Il gatto con gli stivali, Azzurro sempre più nero per la perdita del regno che si arrabatta come attore da bettole e mette in scena la sua rivalsa personale verso il mostro verde raccogliendo fischi e fiaschi. Fiona che aspetta un orchetto e le dame di corte Biancaneve, Barbie Raperonzolo, Cenerentola e una narcolettica Bella Addormentata, sempre più isteriche e stupide. Il Re di Molto Molto Lontano trasformato in rana che spira dopo lunga lunga agonia. Un erede al trono che è uno sfigato di un liceo modello . I cattivi delle favole che si alleano tra di loro e attaccano il reame. Mago Merlino scoppiato che mangia i sassi. Qualche rutto, qualche flautolenza, la “fiatella” del mattino e musica accattivante. Pronto servito precotto e digerito. Ormai il “ brand “ Shrek funziona così, come un serial americano sul paranormale che seduce morbosamente ai primi due episodi e dal terzo in poi divaga, si arrotola e diluisce le idee contando sulla fidelizzazione dello spettatore annoiato in attesa che accada qualcosa che lo stupisca. Tecnica di Marketing, detta anche “effetto Del Prado”, che regola le uscite delle inutili collezioni a dispense che infestano gli spazi pubblicitari televisivi e le edicole di tutto il mondo.
Succede poco in modo caotico in Shrek terzo, un caos lento, quello delle idee che vengono improvvisamente a mancare e bisogna comunque onorare il contratto. Non che non sia divertente, lo sarà sempre visto che il film gioca su un archetipo classico della comicità: quello dell’oggetto estraneo (orco) inserito in un contesto “normale” (reame) sfruttandone la naturale conflittualità, solo è il ritmo che viene a mancare e la fulminea e spiazzante creazione di gag degli episodi precedenti viene sostituita da una verbosità che non si addice al personaggio. Un’edulcorata morale di fondo un po’ troppo smaccata appare come un rattoppo di sceneggiatura per compensarne i buchi; i compagni di avventure sono solo abbozzati e disinnescati nelle loro potenzialità peculiari ovvero quella della spalla comica che crea le basi delle situazioni su cui il capocomico agisce. Anche la sottile ironia della società “fighetta” del liceo dei personaggi “snob” delle favole è piacevole per l’adulto ma incomprensibile per un bambino. In generale Shrek Terzo mira alla serialità senza curarsi troppo del fruitore finale ponendo le basi di un inevitabile Shrek Quarto introducendo la famiglia intera, allargata a orchini e draghetti in genere facendo pericolosamente scalare l’effetto “Serial” a “Soap con risate registrate”. Shrek si è trasformato episodio dopo episodio da sorpresa trash in simbolo della massificazione in cui i reazionari ribelli alle regole, in realtà, alla fine si adeguano ad esse trasformandosi in guitti. Un Sacha Baron Cohen dell’animazione, che rutta e mostra il culo per solleticare le pruderie delle signore bene che lo vedono come un rassicurante diversivo alle loro noiose serate borghesi.
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