Regia di Roland Joffé vedi scheda film
La curiosità di vedere un autore come Roland Joffé alle prese con un genere canonico dei nostri tempi - quello dell'horror pseudo-carcerario - si esaurisce dopo neanche un quarto d'ora di film. Il regista inglese - esploso con Urla del silenzio, un bel film sulla Cambogia dei Khmer rossi, e Mission, drammone storico sui gesuiti missionari in Sud America generosamente premiato con l'Oscar - cerca di rifarsi nome e carriera dopo qualche insuccesso entrando in un filone molto amato e troppo imitato. Il risultato è francamente sconfortante. Captivity non riserva sorprese: la star televisiva Elisha Cuthbert (tra le protagoniste di 24) è Jennifer, una modella salutista e amante del suo barboncino che viene improvvisamente rapita da un maniaco e sottoposta, nella cantina di ordinanza, a torture di vario genere. Scoprirà di non essere sola, di non potersi fidare di nessuno e di dover affrontare la lotta della libertà senza aiuti. Il plot è ciò che di più idiota si possa immaginare, la messa in scena è moscia, la suspence nulla, il gusto sadico per il sangue didascalico e di nessun impatto. A parte il fatto che la prigioniera sfoggia durante la prigionia almeno tre magliettine diverse, non resta niente da dire su Captivity. Più inutile di Hostel 2, più decerebrato di Saw, più prevedibile di una ninna nanna. Un disastro: più che un horror, un orrore.
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