Regia di Andrea Porporati vedi scheda film
Saro Scordia (Lo cascio) è un picciotto modello: figlio di un ergastolano mafioso, sin da giovane, negli anni '70, ha imparato a vedere le cose con gli occhi del suo padrino, don Gaetano Butera (Gambino). Per lui uccide, spara, rapina, va in carcere. Per la causa della mafia rinuncia persino alla vita normale che da anni gli chiede la donna che ama (Finocchiaro). Da una soffiata viene a sapere che proprio don Gaetano - che nel frattempo gli ha chiesto di uccidere un suo vecchio amico diventato giudice (Gifuni) - è il mandante dell'omicidio del padre. È quanto basta per colmare la misura, per chiudere i conti e per cambiare vita trasferendosi al nord.
Dopo il convincente Sole negli occhi, Porporati firma un lungometraggio inutile, piatto, incerto tra una versione palermitana dei gangster movie à la Scorsese e l'analisi sociopsicologica di Cadaveri eccellenti, Il giudice ragazzino e dei film di Giuseppe Ferrara. Ne esce un'opera discontinua, pasticciata, nella quale il ricorso alla voce fuori campo tradisce la presenza di una sceneggiatura rapsodica e claudicante. La regia è di impronta televisiva e il film, che non riesce neppure a emozionare, sembra non decollare mai.
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