Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film
Ormai diffido dell'ultimo Michalkov et dona ferentis (ci vuole il genitivo, no?) e questo film mi conferma nella mia opinione. Dubito che dodici giurati possano avere la possibilità di rifare il processo e di manipolare reperti e corpi del reato, nonché di fare indagini per proprio conto, ma a parte questo non mi torna il modo con il quale il regista russo ha approcciato il soggetto che stava alla base di un capolavoro come La parola ai giurati di Lumet. Ogni singolo giurato si sente in diritto e in dovere di raccontare agli altri undici la propria autobiografia, come se vi fosse la chiave per risolvere il giallo dell'assassinio dell'ufficiale dell'Armata Rossa in pensione. È pur vero che tutti questi racconti, seppure diluiti in un eccesso di macchiette (il manager televisivo, con studi harvardiani, che cambia il proprio voto ad ogni pie' sospinto), ci dicono qualcosa della moderna anima russa che somiglia molto da vicino a quella a suo tempo descritta da Dostoevskij, Gogol, Tolstoj e Cechov, ma cinematograficamente parlando mi pare delitto assai grave l'avere appesantito con inutili orpelli un'opera asciutta come quella di Lumet. Mi fa un po' lo stesso effetto che vedere un bellissimo abete nella foresta e poi rivedere lo stesso albero ricoperto di lucine variopinte e addobbi natalizi.
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