Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film
Un ragazzo ceceno è accusato dell'omicidio del padre adottivo. Una giuria russa composta da 12 persone deve emettere un verdetto. Gli atti dell'accusa e le testimonianze lasciano presagire una soluzione rapida e agile del caso. Il dubbio inoculato da uno dei giurati aprirà invece ampi squarci di dibattito che ribalteranno le posizioni iniziali.
Remake del capolavoro di Sidney Lumet, La parole ai giurati, il film di Mikhalkov ne riprende l'ossatura, rimpolpandola con una serie di inserti autobiografici, trasformando la messa in scena in uno psicodramma corale e spostando l'azione in una palestra. La differenza tra l'opera originale e questa qui si fa allora abissale: non solo per la sfrontatezza con cui Mikhalkov si abbandona al suo gioco di macchiette e caricature, ma soprattutto per la iattanza con cui innerva il racconto di aggiunte inutili e precotte (la guerra tra ceceni e russi, uno dei conflitti etnici dimenticati di questo pianeta). Il risultato è un'opera fluviale (più di 2 ore e mezza di durata) carica di elementi grotteschi, voli pindarici, bolsi tentativi di colpi di scena.
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