Regia di Nikita Mikhalkov vedi scheda film
Bastano dieci minuti per mettere da parte ogni velleità di confronto con La parola ai giurati, il vecchio film di Lumet ispirato allo stesso soggetto: questo è un altro film. Onore al merito del regista di non confrontarsi, ma di scegliere una strada del tutto diversa. Là una brillante sceneggiatura di impianto legale, in una ambientazione sostanzialmente chiusa, nell'unità di luogo tempo e azione; qui se l'azione rimane sostanzialmente unitaria, in realtà le fughe nel tempo e nello spazio sono numerose e importanti; il mondo esterno non interviene solo attraverso le preoccupazioni dei giurati per treni da prendere o eventi cui arriveranno irrimediabilmente in ritardo, ma la guerra (terroristica, cecena, non necessariamente identificate), le vicende sociali ed economiche della Russia d'oggi irrompono con notevole (eccessivo?) impatto e spezzano la lunga discussione e trasformando la ragione prima dell’assunto iniziale.
Il lungo dialogo che attraversa e sostiene tutto il lungo film è in realtà un non-dialogo; il “dibattimento” si trasforma in una serie di monologhi (fin troppo programmatici: ogni giurato o quasi ha i suoi 7-8 minuti di gloria); e al di fuori dei monologhi ogni conversazione, scambio di opinioni, è continuamente interrotto da gag, manifestazioni di insofferenza, stanchezza, disinteresse.
L’evoluzione della storia, il convincimento uno dopo l’altro dei giurati non sembra derivare da una sequenza logica, da un reale approfondimento dell’analisi della vicenda, ma da eventi assolutamente casuali e personali che toccano i protagonisti.
Una interpretazione in questo senso davvero diversa e originale rispetto a Lumet.
Peccato che l’effetto complessivo oltre che dare un senso di minor compattezza, sia rovinato da una persistente sensazione di bozzettismo e artificialità che nemmeno la bravura degli attori riesce a far dimenticare.
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