Regia di Ken Loach vedi scheda film
Loach si conferma il miglior regista al mondo nel trattare direttamente tematiche tanto importanti da non interessare (paradossalmente) a gran parte degli appassionati di cinema (forse perchè, come insegna il classico I Dimenticati di Preston Sturges, la gente vuole veramente andare al cinema per evadere dai problemi quotidiani)...fatto sta che il cinema di Loach ha il merito di proporre uno sguardo lucido e potente sulla misera materiale e morale generata da un sistema economico lasciato troppo libero di autoregolarsi negli ultimi 20 anni, pervenendo ad una sorta di "legge della giungla", in cui a prevalere è il più forte, il più furbo, il più cinico...film denso di contenuti, sorretto da una convincente protagonista e contornato da figure azzeccate (la coinquilina meticcia, la cui espressione mansueta e pacata rende ancora più aberrante il contrasto con la spirale di abiezione in cui si lascia trascinare; il padre dela protagonista, forte di virtù morali così solide da verire beffardamente considerato reazionario e nazionalista dalla figlia)...debole invece il personaggio del polacco che intreccia una relazione con la bionda (troppo retoriche alcune sue uscite, troppo ostentata la sua consapevolezza di essere sfruttato)...qualche dubbio anche sul pre-finale (con qualche intoppo narrativo di troppo e una suspence irrisolta)...lo stile di Loach è oramai autoriale (alla faccia di chi crede che, nel cinema di "contenuti", non ci sia spazio per la componente stilistica), lontano dalla sciatteria di tanta fuffa psuedo-realista e capace di caricare di pathos civile, indignazione e forze inquisitoria ogni inquadratura, riprendendo spesso la protagonista dal punto di vista degli immigrati, mentre se la squaglia dopo averli gabbati, oppure dal retro di una macchina o di una panchina, cercando disperatamente di carpire un che di umano da un personaggio così sfrontato, nel programmare con spietata vena imprenditoriale un meschino businness sulla pelle di poveri cristi come lei, da rappresentare (nelle vesti dell'arrembante e falsamente emancipata donna-in-carriera) la quintessenza di questo meccanismo di sfruttamento (non solo della forza lavoro, ma anche dei corpi e delle speranze) che rende le persone che vi partecipano complici e vittime al tempo stesso...
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