Regia di Ang Lee vedi scheda film
Mai come in questo caso le definizioni risultano riduttive per esprimere cosa sia un film come Lust, caution: e questo non perché è difficile definire un opera siffatta e neanche per l’uso del termine melò, appropriato ad inquadrare la trama all’interno di quel codice, ma perché ci troviamo di fronte al miracolo del cinema alla massima potenza, quello che riesce a forzare la corazza del nostro cuore, quello capace di rapirci all’interno della storia e di rendere possibile l’esistenza di un'altra dimensione, fittizia ma reale come il personaggio che scende dallo schermo nella purpurea rosa del cairo di alleniana memoria. Di fronte a questo, ogni termine appare inappropriato, e non rende merito ad un regista che riesce a riproporsi al di là dei generi e delle produzioni, con una poetica di ambiguità e decoro, buone maniere ed impulsi primordiali, senza venir meno ad una forma che si mantiene sempre alta, grazie ad un apparato scenografico e di costumi che si inserisce nel quadro complessivo senza alterarne il significato ma anzi arricchendolo, ad una fotografia che sa di vero ma è capace di ricreare un mondo che non esiste più, quello di un Europa in guerra con se stessa e delle favole , anche nere, dei nostri genitori. Ang Lee non bada a spese e mette a dura prova la scorza emotiva armonizzando Bene e Male, riducendo le distanze, annullando differenze, demolendo certezze come se la realtà non fosse mai esistita e ci trovassimo davanti ad un mondo nuovo, una foresta di simboli e parole dove tutto è il contrario di tutto: eros, amore, attenzione, indifferenza, impegno e distrazione, tutto è inscatolato nel prisma del regista che orchestra un supremo balletto con il genio di una mente sopraffina, capace di leggere nell’animo degli uomini come un demiurgo onniscente, che nulla risparmia e tutto ci mostra, anche quando sembra nasconderlo dietro la bellezza dei suoi protagonisti, capaci di parlare attraverso le reticenze dei gesti, la volutta degli occhi e gli amplessi della carne. Visconti ma anche Cronemberg per quel senso di pericolo imminente, per il caos freddo che si lascia intravedere dietro le stanze eternamente chiuse come i corpi nelle molteplici identità. Siamo grati al cinema ed al suo ambasciatore
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