Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film
Che dignità che ha Slimane (Boufares). A sessantuno anni perde il lavoro come manovale portuale in un paese dalle parti di Marsiglia. Non si perde d'animo, nonostante un'esistenza già precaria vissuta in una stanzetta, e comincia a vagare per banche e uffici comunali al fianco della sua figliastra (la sensualissima Hafsia Herzi) per mettere in piedi un'altra attività: un barcone-ristorante specializzato in cous cous di pesce. La sera del debutto, però, tutto va storto. Tra commedia e melodramma, La graine et le mulet (questo il titolo originale) ha una cifra stilistica riconoscibile nella messa in scena della cultura magrebina di prima e seconda generazione trasferita in Francia e nei dialoghi tachilalici. L'impronta neorealista mostrata nei precedenti Tutta colpa di Voltaire e La schivata si ritrova in tutta evidenza in quest'opera corale e vociante, affidata ad attori non professionisti di strabiliante naturalezza. Il film tuttavia soffre di un eccesso di misura, sicché un'opera che avrebbe potuto essere un capolavoro non trova mai un baricentro, tra ellissi narrative e bruschi rallentamenti, come la lunghissima scena in montaggio alternato della danza del ventre. Finale tutt'altro che consolatorio. Alla 64esima mostra di venezia il film ha vinto il premio speciale della giuria (ex-aequo con Io non sono qui di Todd Haynes), il premio Marcello Mastrianni ad Hafsia Herzi come miglior attrice emergente, il premio la Navicella-Venezia cinema, il premio Fipresci, la menzione speciale della giuria Signis, il premio Arcagiovani e il premio Nazareno Taddei.
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