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Cous cous

Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film

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La recensione su Cous cous

di mc 5
8 stelle

Questo film mi ha talmente folgorato da non riuscire a trovare le parole per raccontarlo a coloro che ancora non lo hanno visto. Potrei cominciare col dire che si tratta di una "full immersion" di 151 minuti nel mondo di una famiglia di origine maghrebina che risiede nei pressi di Marsiglia. La magìa del film è proprio quella di coinvolgere lo spettatore (attraverso le immagini ma soprattutto attraverso infiniti dialoghi e discorsi) e farlo calare completamente nel vissuto quotidiano di questa famiglia, che poi le famiglie in realtà sono due, dal momento che il protagonista, dopo il divorzio, di nuclei famigliari ne ha due e volendo mantenere buoni rapporti con entrambi, egli vaga continuamente fra le due case. Costui è un sessantenne sfinito da una vita di duro lavoro da portuale (è una zona sul mare, di quelle dove l'industria portuale assorbe un pò tutto il lavoro), che soffre sulla propria pelle tutti i "simpatici" cambiamenti che sconquassano il mercato del lavoro, a partire dalla famigerata flessibilità. Il suo momento di sconforto lo coinvolge intensamente ed ha ripercussioni negative anche sui rapporti affettivi e sentimentali. Fino al giorno che il nostro Slimane (questo è il suo nome) non viene colto da un'idea folle e rischiosa: trasformare una vecchia nave in fase di smantellamento in un ristorante! Slimane trova in questo progetto una nuova ragione di vita, oltre che una speranza di riscatto verso chi lo considera ormai un inutile arnese. In questa nuova avventura chi vorrà potrà dargli una mano, non importa di quale delle sue due famiglie faccia parte, chiunque sarà ben accetto. La scommessa vinta dal regista è senza dubbio quella di coinvolgere lo spettatore nelle vicende e nei piccoli drammi quotidiani di questa "doppia" famiglia, ad un punto tale che il pubblico famigliarizza DAVVERO con quei personaggi, finisce DAVVERO col voler loro bene, come fossero vecchi amici o conoscenti. Raramente al cinema ho visto tanta spontaneità e naturalezza nella recitazione. Faccio un solo esempio, per chi ha visto il film: la figlia del protagonista, che credo si chiami Karima, quella mamma che non sta mai zitta, non è una splendida figura di donna? A me personalmente ha ricordato una di quelle fiere popolane napoletane che tirano su quelle famiglie partenopee numerose con tanti bambini...ma anche la figura stessa del protagonista, questo splendido anziano taciturno che si tiene tutto dentro, umiliato come una nullità dal suo datore di lavoro e che tuttavia riesce a mantenere una miracolosa dignità. Ho raccolto in rete informazioni su come il regista ha "preparato" il numeroso cast: sì perchè, e scusate se non l'ho detto prima (è importante), tutti gli attori sono NON professionisti, (Slimane, per esempio, fa l'operaio). Unica eccezione la giovane Rym (splendida Hafsia Herzi!), la sola del cast che ha qualche precedente professionale e che ha intenzione di continuare nella carriera, a maggior ragione dopo il successo personale riscosso con questo film. Che cos'altro dire di questo bel film? Beh, si può rivolgere un plauso innanzitutto al regista, che aveva in testa questo progetto da anni, e che nel corso di questo tempo ha visto morire il padre, che doveva ricoprire il ruolo di Slimane. E parliamo un pò di queste torrenziali conversazioni, che si svolgono soprattutto a tavola. In un noto sito di cinema (l'unico per la verità ad aver bastonato il film) si parla di un Kechiche (il regista) dallo "stile inutilmente prolisso", reo di aver permesso agli attori di eccedere nello straparlare a ruota libera: vorrei sommessamente far notare a quel critico che non ha capito un cazzo, perchè tutti quei discorsi fatti a tavola NULLA hanno a che fare con l'improvvisazione, gli attori stanno recitando un testo. Certo: nessuno di loro è professionista, ma Kechiche li ha allenati duramente nella fase preparatoria, facendo loro imparare testi teatrali, e addirittura si dice che proprio la scena del pasto (onde creare un'alchimìa perfetta) abbia avuto una gestazione di un mese! E' noto che il Leone d'Oro della giurìa dello scorso Festival di Venezia è stato soffiato a questo film dalla pellicola di Ang Lee, "Lussuria". E si è anche parlato di un moto di stizza da parte di Abdel Kechiche, che peraltro condivido in pieno. D'altra parte qui si va sui gusti personali ed ogni parere è lecito: a me per esempio il cinema patinato e radical-chic di Ang Lee non piace, de gustibus. Qualche critico ha tirato in ballo la lezione del neorealismo italiano: è verissimo, e c'è un momento che non può non ricordare il capolavoro "Ladri di Biciclette": un motivo in piu' per amare questo film. Ma ho voluto tenere per ultimo il tema piu' struggente del film, quel tema che mi ha scombussolato non poco, e anche "disturbato" un pò...cioè il rapporto MERAVIGLIOSO che la giovane Rym ha col suo patrigno Slimane. Questa ragazzina pura come un giglio, e dotata di una volontà possente come una montagna, stravede per il proprio padre illegittimo, gli vuole un bene così forte da "sciogliere" anche lo spettatore piu' corazzato. E glielo dimostrerà nella lunga sequenza finale, una danza del ventre di una potenza inaudita e devastante, in cui Rym sembra una tarantolata, come fosse posseduta da una forza soprannaturale. E, credetemi, per me guardare -alla fine della danza- quel volto sfinito, trasfigurato, è stata un'esperienza sconvolgente. Un'immagine indimenticabile. Quando ebbi modo di recensire "Ai confini del paradiso" conclusi le mie annotazioni con l'auspicio che "quella piccola libreria nascosta tra i vicoli di Istanbul" esistesse davvero, almeno in un immaginario dei "Luoghi Del Cinema". Ora mi ritrovo a fare la medesima considerazione. Vorrei tanto (con tutte le mie forze) che quel battello-ristorante dove si serve il cous cous potesse esistere davvero, e vorrei tanto andarci, entrare e trovarci i volti famigliari di Rym, Slimane, Souad, Latifa, Karima, Olfa...e tutti, tutti gli altri.

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