Regia di Paul Haggis vedi scheda film
Fresco reduce dall’Iraq, il figlio di Hank scompare misteriosamente. Siccome il padre È un ufficiale della polizia militare in pensione, ci mette un mezzo secondo a capire che nessuno, né le autorità civili né i soldati, stanno facendo granché per scoprire in quale guaio si sia cacciato il ragazzo. Così le indagini le fa lui, aiutato da una poliziotta vittima del mobbing. La verità sarà sconvolgente per tutti, anche per lo spettatore che si aspettava il tipico film antimilitarista con i buoni e i cattivi nettamente divisi di qua o di là. La valle di Elah è quella dove combatterono Davide e Golia, ma la morale è inedita: onta e disonore al re che li costrinse a fare la guerra. Il fatto che il film sia di uno sceneggiatore che ha già dimostrato di non essere un bravo regista (con Crash) è un limite. Tutto è molto (troppo) scritto, a volte se non ci fosse un protagonista splendido come Tommy Lee Jones si subirebbe l’incedere un po’ didascalico dell’indagine. La storia parallela della detective Charlize Theron, rea di non aver salvato una donna maltrattata dal marito, pare il paragrafo di un manuale di sceneggiatura (della serie: come rendere interessante un character attraverso il senso di colpa). Peccato che non sia necessaria. Paul Haggis però è responsabile dei difetti fino a un certo punto. Il film era stato scritto per Clint Eastwood, che non se l’è sentita di dirigerlo, forse perché è una mazzata non indifferente al concetto di “guerra giusta” e alle conseguenze di una politica criminale. Sono invece dello sceneggiatore i meriti, di gran lunga superiori alle carenze. Prima di tutto la costruzione di un protagonista, Hank, tutt’altro che monodimensionale, con uno spessore letterario definito. Poi la tensione dei momenti più intimi. La solitudine di un padre che non si rassegna alle versioni ufficiali, la disperazione trattenuta di una madre costretta per la seconda volta a convivere con una così indicibile tragedia, persino il tentennare disorientato dei giovani commilitoni del disperso tratteggiano gli stati d’animo delle figure di un mondo eterodiretto dove si è perso il senso ultimo della persona. Ecco, è l’umanesimo doloroso ma non domo di Haggis a rendere Nella valle di Elah un film prezioso.
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