Regia di Paul Haggis vedi scheda film
"Sai cosa significa questa in linguaggio internazionale?" dice il militare in pensione Tommy Lee Jones a un oriundo di origini sudamericane che ha sbagliato nell'issare la bandiera degli USA , rovesciandola "E' una richiesta di soccorso. Significa che non ce la facciamo a salvarci il culo da soli." Il film di Paul Haggis, mago delle sceneggiature ( gli ultimi lavori di Eastwood, una supervisione consistente per "Casinò Royale"), venuto dopo l'inaspettata affermazione agli Oscar di due anni fa con "Crash" si occupa dei reduci dalla guerra in Iraq ufficialmente finita da quattro anni, in realtà ancora in corso. Costruito con la struttura di un thriller, permette all'autore di parlare di un problema grave, con asciuttezza e fuori dal rischio propaganda: ha , oltretutto, il merito di una tenuta di ritmo narrativo sorprendente, e non pone domande, o meglio, zooma la nostra attenzione sull'orrore di una nazione, ma parlando a più largo spettro, di una società occidentale, oramai incapace di reagire a cose inumane. I soldati che "portano laggiù la democrazia", come dice lo slogan venduto dalla Banda Bush , perpetrano cose orripilanti come bambini che non hanno idea di essere crudeli, tornano indietro con la perdita della percezione della realtà e continuano a professare violenza , agendo come belve ma senza concepire l'enormità delle cose che fanno accadere. Tommy Lee Jones è di un'intensità straordinaria nell'impersonare un servitore della patria che dovrà rendersi conto dell'ammorbamento sanguinario che è perfino accanto a sè, e non saprà riconoscerlo finchè chi ha ucciso suo figlio non si deciderà a confessarlo con noncuranza. Avevo accolto con qualche perplessità "Crash", e considerai gli Oscar vinti perfino eccessivi: spero che questo film lancinante, amaro come il fiele e animato da una sanissima obbiettività , così lontana dall'arroganza avida e disumana del Clan Bush, ne vinca anche di più.
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