Regia di Peter Greenaway vedi scheda film
Dopo l'esperimento colossale e geniale Le valigie di Tulse Luper, Greenaway riprende la messinscena dei suoi anni ottanta e nasce ancora un grande film, impegnativo, intenso, meraviglioso, misterioso e anche struggente, alla faccia di chi non riesce a sentire il cuore pulsante dietro lo splendore dell'immagine, che non è un ostacolo ma un tramite.
Il tema dell'accusa celata nella Ronda di notte di Rembrandt ricorda il film più famoso del regista, I misteri del giardino di Compton House, e tornano naturalmente la morte e il sesso, ma anche il parto, i bambini, la riflessione sulla natura del cinema, sui rapporti umani pubblici e affettivi, il fallimento dell'artista sconfitto dalla borghesia e dagli arrivisti. Greenaway arricchisce il film parlando non solo del quadro, ma della vita privata dell'artista olandese, crea uno spaccato di Storia e se vogliamo è la prima volta credo che prende di petto la biografia di un persona realmente esistita: precedentemente o erano storie completamente inventate, artificiali, o comunque pur prendendo spunto da persone vere le vedeva filtrate attraverso epoche o personaggi diversi (Lo zoo di Venere, I racconti del cuscino); uniche eccezioni se non erro potrebbero essere Four American Composers (ma trattasi di documentario) e Writing to Vermeer (ma trattasi di libretto per l'opera lirica musicata da Louis Andriessen, dove per altro Vermeer non compare mai).
Nonostante il protagonista sia in realtà ancora un oggetto, Nightwatching non è statico, ma si muove morbidante, è simmetrico ma fluente, è quadro e teatro penetrato dalle potenzialità del cinema. Martin Freeman è perfetto come tutto il cast; le musiche sono davvero splendide e intense, autori Wlodek Pawlik e il violoncellista Giovanni Sollima. 10
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