Regia di Brian De Palma vedi scheda film
Durante la seconda guerra mondiale, gli statunitensi che avevano sottratto l'Europa ai nazisti tenevano un atteggiamento di neutralità verso la popolazione del luogo, senza cercare un eccessivo dialogo. Ironicamente, fra le divisioni americane girava il detto "La copulazione senza conversazione non è fraternizzazione", tant'è che si stima che gli americani stuprarono un minimo di ventimila donne soltanto in territorio francese, uccidendone alcune in crimini orrendi, e dei centocinquanta soldati processati per stupro ben centotrenta erano di colore, perché si sa, fra tante mele marce è più semplice scegliere quella più indifesa. Redacted è un bellissimo mockumentary girato da Brian De Palma nel non tanto lontano 2007. Non siamo però nella seconda guerra mondiale, ma nel terzo millennio, più precisamente nella terra delle armi di distruzioni di massa, dei protettori di Al-Qaida, quei brutti ceffi che un petroliere vi aveva spinto ad odiare, ci credevamo un po' tutti alla fine vero? Tant'è che oltre un milione di civili sono morti, ed infatti, le cose ora vanno molto meglio. Ma voglio smetterla di fare stupida ironia. Siamo quindi in Iraq, è chiaro, e la storia di questo film è tratta dal fatto realmente accaduto di un gruppo di soldati americani che stuprarono e uccisero una quindicenne irachena insieme alla sua famiglia. Un film esplosivo, che utilizzando diversi punti di vista (non solo quello della telecamera a mano di uno dei soldati con uno strano senso del voyeur, un De Palma in divisa militare insomma, ma anche i punti di vista dei media e dei video provenienti dal web) mette lo spettatore nel non facile ruolo di farsi strada fra immagini limpide, mostrate per quello che sono, sferzando un attacco ai media di tutto il mondo, manipolatori per eccellenza di ogni avvenimento. De Palma non condanna semplicemente la Guerra in Iraq e ovviamente non giustifica nessun atto terroristico, ma con la sua vena pacifista riflette sull'invasione da parte di un paese verso l'altro, uno scontro forzato fra esseri umani messi sotto pressione, in un vortice dove è difficile capire la causa scatenante di certi crimini e chi sia il vero colpevole. De Palma non alza il dito, (benché ovviamente la rabbia verso certi soggetti salga spontaneamente, ed è difficile per uno come me rimanere sull'attenti), crea una tesi senza apparente soluzione come fosse un gioco di specchi fra un insieme di fotografie del caos, alla disperata ricerca di qualche motivo dietro questa follia. C'è l'ansia, il senso di oppressione, la paura del soldato verso colui che identifica come il nemico e il suo opposto, ovvero la visione da parte degli iracheni dei soldati come invasori, un continuo sospettarsi a vicenda. E c'è l'accettazione della follia: l'astinenza sessuale dei soldati li riduce a bestie in calore, schiavi o se vogliamo pedine per una guerra senza soluzione, ed ecco che perdendo ogni connessione con la realtà esce il loro lato più primitivo e disgustoso, macchinari pronti ad uccidere. I comandanti non hanno mai davvero fatto pressione sui soldati affinché non commettessero stupri, vige l'idea che la donna sia un bottino, qualcosa da conquistare, un oggetto come un altro, come fosse un contentino per tenere i soldati tranquilli. Una sottrazione di civiltà dal mondo, e c'è da chiedersi se qualcuno prima o poi dovrà rendere conto per tutti questi crimini, che si accumulano silenziosi lungo le pagine più oscure della nostra storia. Pagine scritte sempre dal più forte, colui che vince le guerre col denaro, e se non vi riesce, riesce a creare una falsa vittoria da rendere pubblica attraverso i suoi mezzi di comunicazione. C'è qualcosa di storto nel mondo e grazie a dio ogni tanto qualcuno se ne accorge.
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