Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film
Joseph L. Mankiewicz è uno dei più grandi registi mai esistiti. Gli insospettabili, il suo ultimo film, da una commedia di Anthony Shaffer, non era affatto un divertissement, o almeno non solo: fungeva da iscrizione sepolcrale ghignante su un mondo ridotto metaforicamente a due soli uomini. Harold Pinter si assume l'incarico di adattare quel testo a una "nuova" contemporaneità, mentre Branagh si serve della tecnologia per spezzare i punti di vista: ma entrambi fanno un pessimo servizio a una storia che non aveva bisogno di un'attualizzazione omoerotica per - letteralmente - smascherare la condizione umana (e, più generalmente, di gender). Declinazione di potere e svestizione dell'arroganza si succedono in un gioco a due che non porta a niente. Sleuth è soltanto il marchingegno elettronico di un cineasta che si ritrova tra le mani due imponenti figure, a pilota automatico, pedine di un impianto scenico apparentemente teorico e invece di cartapesta. Michael Caine, l'unico interprete che può recitare anche soltanto con le sopracciglia, ovviamente stravince su Jude Law, penosamente pettinato come Cameron Diaz. Siamo ridotti a questo, a mettere sul bilancino le due prove attoriali "da manuale"; di quello che era una progressiva esposizione da grand guignol della realtà, è rimasta la superficie traslucida e ben truccata.
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