Regia di Wes Anderson vedi scheda film
Ormai giunto al quinto film, forse è ora di fare un consuntivo della cinematografia di Wes Anderson. Dopo Le avventure acquatiche di Steve Zissou l’oggetto del discorso rimane la famiglia, quella disfunzionale e caotica, sull’orlo di una gentile follia: tre fratelli divisi partono per l’India, in un viaggio che dovrebbe riavvicinarli. Il filo della storia è teso tra la morte del padre e la ricerca della madre scomparsa nel Rajasthan, ma ad Anderson non interessa l’origine e lo scopo del viaggio, non interessano i Grandi Temi. La Fratellanza, l’Amicizia, la Morte: tutti pretesti. A questo simpatico affabulatore, scanzonato ed esteta, interessano gli arredi, gli oggetti, il decoro: l’ambientazione indiana gli permette di avere inquadrature zeppe di cose, affogate in un tripudio di colori. Ad Anderson interessa fare un bel ralenty, con le valigie Vuitton che volano per aria, le belle macchine rosse. Questo è il film di un dandy raffinato, salito su un treno indiano per provare l’ebbrezza dell’esotico e per cazzeggiare con gli amici più cari, tra una sigaretta e una confidenza. Però quanto è divertente la sua riscoperta vintage del viaggio, quanto sincero il suo amore per i treni. E quanto adorabili quei tre mascalzoni in fuga.
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