Regia di Wes Anderson vedi scheda film
C'è poco da fare: Wes Anderson è il classico regista per il quale varrà sempre l'antico dubbio se si tratti di un genio o solo di un abilissimo mistificatore. I suoi film sono sempre complessi, elegantissimi e sfaccettati eppure lasciano perplessi e, almeno nel mio caso, costringono a scervellarsi per cercare di comprendere i reconditi significati di opere affascinanti ma spesso criptiche e di difficile comprensione. Dopo la bizzarra (e un po' sopravvalutata) saga familiare raccontata ne "I Tennembaum" e l'esilarante e creativo delirio finto-vintage delle "Avventure acquatiche di Steve Zissou", Anderson si trasferisce in India per realizzare una pellicola suggestiva ed irrisolta, una sorta di road-movie psichedelico e surreale sul viaggio di tre fratelli in cerca di risposte sulla vita, la morte e i loro complessi rapporti familiari. "Il treno per Darjeeling" è un'opera elegantissima e sgargiante, perennemente virata in colori acidi (e molto "seventies", a confermare il pallino del regista per il vintage), una vera festa per gli occhi ma, ancora una volta, un film criptico e di difficilissima comprensione. Un'ora e mezza di immagini colorate e bellissime, ma cosa diavolo vogliono dire? Francamente non ci ho capito granché e temo non ci abbiano capito molto nemmeno tanti cinefili che hanno eletto Wes Anderson a loro nume tutelare e che sarebbero pronti ad incensare qualsiasi bizzarria esca dalla macchina da presa del nostro eroe. Per quanto mi riguarda continuerò a seguire il giovane regista texano con molto interesse, con la speranza che il suo indiscutibile stile non diventi maniera e stanca rimasticatura: il rischio, purtroppo, esiste. Voto sufficiente.
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