Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
La rivalità amorosa fra un vecchio scrittore vizioso e un figlio di papà, che si contendono una ninfetta televisiva, sfocia in tragedia. Nei suoi ultimi anni Chabrol, con una filmografia ipertrofica e una tematica monocorde, aveva da tempo saturato l’orizzonte di attese del pubblico; qui però trova quasi in extremis il guizzo, la zampata del maestro. Evoca il solito groviglio di vipere della provincia francese (stavolta tocca a Lione), ma come dandolo per scontato: taglia le scene sul momento più bello, fa lavorare l’immaginazione dello spettatore, dedica non più di una decina di minuti alle vicende processuali (e senza mai entrare in tribunale); la sua non è svogliatezza, è solo (finalmente!) il desiderio di non ripercorrere strade battute già troppe volte. Tre protagonisti che fanno a gara a chi è più stronzo, in un contesto umano oltremodo squallido nel quale si salvano solo la madre e lo zio di lei: ed è giusto che a quest’ultimo venga affidato un finale un po’ assurdo ma sottilmente rigeneratore, con la ragazza tagliata in due dalla lama dell’illusionista (vedi titolo originale) e poi tornata intera.
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