Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
Premessa: i film che ho visto di Chabrol mi piacciono tutti.
Chabrol ha fatto 58 film, io ne ho visti una quindicina, quindi posso davvero dire di non avere un quadro completo della sua carriera, ma quello che ho visto mi è sempre piaciuto, anche nei film così detti «minori», mi piace anche in quelli riusciti meno.
La storia di questo suo penultimo film è alquanto banale e scontata. Gabrielle, una giovane e bella ragazza all'inizio di una promettente carriera televisiva come presentatrice, si innamora perdutamente di un maturo scrittore di successo, Charles, che la inizia ad una vita sessuale inusuale. Contemporaneamente viene corteggiata da Paul, un giovane rampollo di una ricca famiglia francese, viziato e con problemi di comportamento, ma invaghito di Gabrielle a tal punto da volerla sposare.
Gabrielle sceglie la via della passione, anche perversa, con il suo maturo amante, che le promette di lasciare la moglie per lei. In verità Charles non ha nessuna intenzione né di lasciare la (amatissima) moglie, né di cambiare vita per la giovane amante, con Gabrielle sta vivendo una intensa storia di sesso, fatta di complicati giochi erotici, che pare trovare in Gabrielle una complice ottimale.
Improvvisamente Charles, vedendo che la ragazza si sta sempre più coinvolgendo nella storia, si stanca e decide di interrompere la relazione senza dare spiegazioni. Gabrielle dopo una prima forte delusione, decide di sposare Paul, che però continua ad essere geloso dell'amante perduto della ragazza anche dopo il matrimonio.
La storia non ha davvero nulla di originale, una scontata storia a tre (tipica nei primi film del regista francese), ma nei film di Chabrol non è tanto la storia ad essere intrigante, quanto il modo come il regista la interpreta e ce la racconta.
Solitamente nei film di Chabrol c'è il colpo di scena, in questo caso anche il colpo di scena è abbastanza scontato, lo spettatore per tutto il film sa cosa succederà perché i personaggi sono talmente ben delineati e la storia è strutturata in tale maniera che l'epilogo non può essere che quello che ci viene mostrato... ma è proprio il modo in cui ci viene mostrato che lascia stupiti... a me personalmente mi ha lasciata con la bocca aperta, proprio come una delle protagoniste presenti.
Chabrol entra nella scena madre con la macchina da presa ad altezza occhi, si intrufola nel salone dove si sta svolgendo un ricevimento di gala, in cui sono presenti tutti e tre i protagonisti: il regista diventa testimone della scena, la dirige, ce la mostra in tutta la sua freddezza agghiacciante, senza sconti, senza fronzoli emotivi, senza partecipazione ci lascia partecipare in prima persona, in prima fila si vede ciò che ci si aspettava di vedere... eppure se ne rimane stupiti.
Per questo mi piacciono sempre i film di Chabrol: perché mi lasciano stupita e mi sorprendono, anche quando ho capito ciò che accadrà.
Altra cosa che mi piace nei film di Chabrol: bisogna sempre vedere fino all'ultima sequenza, perché il regista francese ha bisogno anche dell'ultima immagine per raccontare fino in fondo la storia.
In questo caso il finale di questa vicenda ha un che di grottesco e allucinante, molto simbolico, che in effetti il titolo originale francese («La fille coupée en deux») e quello tradotto in inglese («A girl cut in two») annunciano benissimo, mentre quello italiano è davvero «fesso» come spesso capita.
La ragazza tagliata in due nelle passioni, negli affetti e nella doppia vita è ovviamente Gabrielle. Il film è soprattutto una forte critica ad una società bigotta e falsamente moralista, che usa la giovane inesperta ragazza per i propri piaceri e per i propri bisogni sotto le lenzuola, ma che è pronto a sacrificare in nome di una immagine «pulita» o ipocritamente anticonformista.
Gabrielle alla fine del film viene «letteralmente» tagliata in due, è spezzata dentro e solo una magia potente, costituita dagli affetti famigliari genuini, potrà rimettere insieme.
Mi manca molto Chabrol.
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