Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
Anche il peccato è una forma d'arte.Un titolo originale che si concretizza visivamente nel finale ma aleggia metaforico per tutto il corso del film.E la traduzione italiana del suddettto titolo come al solito tradisce lo spirito dell'autore.Aspirante soubrettina televisiva confinata a leggere le notizie metereologiche conosce maturo scrittore che la seduce.D'altra parte la vivace donzella a cui non difetta l'acume è concupita dall'ultimo rampollo psicolabile di una genia di miliardari.Una ragazza tagliata in due:amore e ambizione,televisione e circoli letterari,pazzia e perversione sessuale,famiglia e voglia di trasgressione.Un film di confronti/scontri in cui Chabrol cosparge tutto di acido solforico rendendo l'aria mefitica:la giovane è divisa tra l'amore che tutto travolge e una veloce scalata della piramide sociale.E sceglie la seconda nonostante il cuore sia devastato dal tormentato rapporto mordi e fuggi col maturo scrittore.Gabrielle,arrivata dalla provincia ,proveniente da una famiglia modesta si accasa presso una famiglia di miliardari sposandone l'erede maschio.Favolosa la scena in cui è rappresentato il matrimonio:un lento carrello in avanti da fuori del portale della chiesa fino a penetrare per quanto possibile nell'interno buio appena rischiarato dalla luce che filtra attraverso un paio di finestre trifore con i vetri dipinti.E nel frattempo si sentono le voci che recitano le rituali formule del matrimonio.Chabrol dona allo spettatore un posto in prima fila per assaporare il cuore di tenebra del sacrificio umano che si sta celebrando,un cerimoniale avvolto nel buio così come ciò che verrà dopo.Un passo in avanti verso la rovina.Che investe tutti:il marito psicolabile,lo scrittore e lei che finisce a fare l'assistente di uno zio prestigiatore.Chabrol stavolta ambienta la sua storia a Lione,terza città francese per numero di abitanti,ma gli intrighi che la percorrono sotterraneamente ma non troppo sono gli stessi che agitano la sua tanto amata provincia.Un film cattivo,la cui cattiveria è evidenziata da una raffinatezza formale di grande rigore,le dinamiche sentimentali dei vari personaggi seguono gli impulsi dell'attimo più che un filo logico.E anche lo scrittore che nella sua maturità dovrebbe essere il più lineare è agitato dal fuoco della passione ,non riesce a distinguere filo sottile che divide la sessualità dalla perversione e tutto questo lo spinge a cercare di dissuadere a tutti i costi la bella Gabrielle dal proposito di matrimonio.Ma quando lei lo pone di fronte alla scelta se amarla incondizionatamente (quindi divorziando) o lasciarla andare in sposa all'altro l'ignavia prende il sopravvento.Un plauso agli attori:Francois Berleand(qui neanche nominato nella scheda) nella parte del maturo e mellifluo scrittore incline alla perversione è di assoluta efficacia e anche la Sagnier nella sua prorompenza fisica colpisce per come è capace di sfumare le sensazioni.Tagliato con l'accetta invece il personaggio dello psicopatico recitato da Mangimel che va frequentemente sopra le righe,con una pettinatura fatta a schiaffoni che lo rende un filo ridicolo.Ma in questo film si ride poco,anzi non si ride mai.Il sorriso sul finale di Gabrielle è un falso sfoggio di serenità dopo aver versato calde lacrime....
parte di supporto(l'editrice).Anche se in là con gli anni è veramente uno schianto
sembra caricato a pallettoni
donne così con un solo sguardo sono in grado di rapirti....
il vecchio leone colpisce sempre
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