Regia di Prachya Pinkaew vedi scheda film
Da più parti si legge che Tony Jaa è l'erede di Bruce Lee, Jackie Chan e Jet Li frullati assieme. Però del primo non ha la serietà "culturale", del secondo è l'esaltazione contemporanea e quindi inutile, del terzo non possiede un grammo della tragicità politica. The Protector, un po' come il suo precedente Ong Bak - Nato per combattere ma forse ancora di più, molto di più, rappresenta la riproposizione pedante e gretta di un intero immaginario, il suo tradimento: disimpegno nella sua accezione più pericolosa, coacervo di segni che sono soltanto schizzi elementari di una visione del cinema adatta all'infantilismo odierno dello spettatore-tipo. Compreso l'appassionato, al quale ora si presume dovrebbe bastare il wireless per garantire divertimento e nostalgia. Capire oggi chi si ha di fronte e quale sia il bacino d'utenza inevitabile, e quindi costruire prodotti ad hoc, non giustifica affatto la povertà di sguardo. The Protector, con quei ralenti insulsi, quelle facce da telefilm di Italia 1, quella messinscena da scarto home video, è l'apologia del nulla. E anche questa benedetta e ininterrotta action alla lunga sfianca: non serve il piano sequenza in ascesa nel ristorante-bordello a fare autore, men che meno a fare un "bel" film.
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