Regia di Scott Marshall vedi scheda film
Benjamin Fiedler è un normale adolescente: ama i videogames, ha i primi turbamenti amorosi, cazzeggia con gli amici. Però al varco c'è una prova di vita che lo agita: il suo "bar mitzvah" che, nella religione ebraica, segna il passaggio dalla fanciullezza all'età adulta. A complicare il tutto c'è il fatto che alla stessa ricorrenza arrivi anche il suo compagno Zachary Stein, molto ebreo, molto di successo, molto determinato a fare le cose in grande. Allora al ragazzino viene in mente di coinvolgere nella preparazione il nonno fricchettone che, ça va sans dire, gli insegnerà sulla vita molto più di quello che noi umani potremmo mai immaginare. Il problema di Al passo con gli Stein non è definibile: ha una sua sciocca piacevolezza, qualche trita battuta di umorismo ebraico doc ogni tanto scappa e gli attori non sembrano fastidiosi. Però il risultato finale paga una debolezza di tocco, un'esilità senza fine, una leggerezza che diventa noia. Insomma, è difficile dire che il film è brutto ma è anche complicato trovare una sola ragione al mondo per cui valga la pena vederlo. L'assunto finale ci parla di riconciliazioni tra generazioni: figli che ritrovano padri, nonni che scoprono nipoti, famiglie che si ricompattano. Ci manca solo un vecchio cane di famiglia che dopo cent'anni ritrova la strada di casa. Ironia che vira in miele, che lascia una stucchevolezza di fondo difficile da risciacquare.
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