Regia di Vittorio Cottafavi vedi scheda film
La bellezza e la durezza di un paesaggio che offre solo miseria. Lo svuotamento delle valli in cerca di fortuna verso terre straniere ed il ritorno malinconico in quella realtà di stenti e di isolamento.
Sono luoghi che induriscono e incattiviscono il carattere che, alimentato dall'alcool, è capace non solo di un degrado fisico ma anche morale. Eppure in quella sua giovane protagonista c'è la dignità di non darsi mai per vinti, la capacità di sognare e la forza di ribellarsi spezzando nel sangue una catena di violenza peggiore da un uomo incattivito dalla vita e dalla solitudine.
Viene in mente subito l'Albero degli zoccoli in quest'ultimo bel film di Cottafavi sul mondo contadino friulano tra '800 e '900.
L'uso del dialetto friulano con sottotitoli riesce in maniera efficace a dare un'impronta molto realistica dell'opera grazie anche alla notevole naturalezza degli attori non professionisti. Da recuperare se piace un certo tipo di cinema che, Giorgio Diritti a parte, si é visto molto poco negli ultimi anni.
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