Regia di Marco Cucurnia vedi scheda film
Sarebbe: «come in un gioco, vite e storie diverse si incontrano, si intrecciano per poi separarsi...». Qualcuno ha avuto l'ardire di evocare Robert Altman per quest'esordio di Marco Cucurnia prodotto da Michele Placido (che nel film riveste una particina), dove in sottofinale compare addirittura - in un misterioso cameo - Mario Monicelli. Dunque: c'è la femme fatale dal torbido passato ora prostituta accalappiata da una sorta di sceneggiatore-regista in cerca di informazioni per il suo prossimo progetto; e poi c'è un ragazzo di Gualdo Tadino che sbarca a Roma per un concorso e che somiglia a tale Ravazzini, campione delle due ruote, e allora tutti lo scambiano per lui e le porte gli si aprono (pure troppo); e c'è il trafficone, che approfitta di tutti e di ciascuno; e due giovani, una semideficiente, l'altra in rotta col ragazzo nero che, nel frattempo, è in stato di fermo in un commissariato per accertamenti dopo un incidente subito e non causato. Insomma, vorrebbe essere uno spicchio d'Italia, cialtrona e fedifraga (Placido tradisce la moglie, Eleonora Giorgi, andando con la femme fatale di cui sopra e il cerchio si chiude). Imbarazzante per pochezza e povertà di idee e di emozioni. Un debutto da dimenticare in fretta. Come la lettura del giornale free press che dà il titolo al film.
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