Regia di Gerardo Olivares vedi scheda film
Si diffondono, come mai prima d'ora, i film sul calcio. Dopo Goal 2! Vivere un sogno (distribuito malissimo qualche settimana fa e non uscito, incredibile a credersi, a Milano!) arriva sui nostri schermi il curioso e tenero Grande match, che racconta le allegre vicissitudini di una famiglia di nomadi della Mongolia, di una carovana di Tuareg del Sahara e di un gruppo di indio dell'Amazzonia che, pur di vedere in televisione la finale, il 30 giugno 2002, dei Campionati Mondiali giocati in Corea e Giappone, sono disposti a qualsiasi impresa. Vestiti con magliette che riportano i nomi dei loro beniamini (da Ronaldo ad Adriano), i nostri - distanti centinaia di chilometri dall'energia elettrica - si ingegnano come possono. Ad esempio, costringendo un ragazzino a salire su un albero per trasformarsi in una sorta di antenna parabolica vivente. Le metafore, seppur ingenue, sono veraci e divertenti (come è possibile, nell'era satellitare, rischiare di perdere la gran final?). Alla fine, ciò che ne partorisce è uno spottone che i responsabili della Fifa farebbero bene a tenere a mente. Interpreti non professionisti regalano al film un umorismo spontaneo che contagia. Mentre gli scenari, sullo sfondo, fanno concorrenza spietata e sleale alla partita vinta, per la cronaca, dal Brasile.
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