Regia di Ronny Yu vedi scheda film
La storia apocrifa di Huo Yuanjia (con molte licenze rispetto alla realtà dei fatti) inizia dalla fine, da quando la sua decisione di abbandonare la sua vuota e sanguinosa vita precedente lo porterà a difendere l’onore e la dignità della sua nazione, combattendo contro quattro campioni scelti dagli “occupanti” occidentali per umiliare ed irridere i cinesi e le loro tradizioni. Un lungo flashback ci racconterà la sua vita precedente fino a quel momento fatidico.
Ronnie Yu si dimostra, in questo suo lavoro, un discreto manovale del genere wuxiapian, (vena quasi insospettabile, vedendo i suoi lavori precedenti e futuri) e riesce a raccontare in maniera convincente, principalmente grazie alla sua tecnica visiva dai cromatismi estremi e iperrealisti, la storia di questo eroe popolare cinese, vissuto in un epoca di forti divisioni interne del paese, sottoposto all’invasiva influenza commerciale delle potenze europee (Inghilterra, Germania) e asiatiche (il Giappone) e punto più basso dell’autostima di un popolo già lacerato da infinite lotte intestine. Il regista sfiora tali implicazioni politiche solamente nel finale, concentrandosi principalmente sul versante action, soprattutto nel mostrare la crescente e smodata smania giovanile di primeggiare come lottatore del giovane Huo Yuanjia; progetto che riuscirà a realizzare, ma ad un costo insostenibile per chiunque. Le coreografie dei (molti) combattimenti sono la parte migliore del lavoro registico, con ottimi spunti e inquadrature/punti di vista mai scontati e funzionali a mostrare l’azione sfrenata rappresentata, sia in interni che sui tatami utilizzati per le sfide tra campioni di arti marziali. Ottimo, in questo senso, l’apporto fisico e marziale del protagonista Jet Li (e della sua controfigura) e di tutti gli altri comprimari (fra tutti il notevole Shido Nakamura). Le mancanze più evidenti del film sono a livello sceneggiativo (la sceneggiatura è dello stesso Yu) e spuntano quando si cerca di delineare le varie sfaccettature del protagonista, raccontandone la metamorfosi da scavezzacollo rissoso ad eroe nazionale; tutto viene risolto in maniera schematica (complice, forse, il taglio di circa 30 minuti rispetto alla versione originariamente edita) e sbrigativa, anche il rapporto conflittuale con il padre dell’eroe e la sua adesione al crescente movimento nazionalista cinese (tutta la sequenza “pastorale” e bucolica, inoltre, sfiora, a tratti, un’ingenuità eccessiva). Probabilmente tali pecche personali (d’altronde Yu non è Tsui hark) non hanno consentito al regista di mantenere un giusto equilibrio tra le fasi dei combattimenti (che, seppur ben coreografate, coprono una porzione preponderante della durata del film) e le sequenze recitate. Tali limitazioni, comunque, non inficiano la godibilità dell’ insieme e consentono di godere di un film valido e vigoroso.
Combattiva
Discreta.
Atletico.
Monumentale.
Riluttante.
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